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Siamo giunti alla conclusione della celebrazioe eucaristica. Ecco cosa me ci viene raccontata dall’OGMR: “I riti di conclusione comprendono:
a) Brevi avvisi, se necessari;
b) Il saluto e la benedizione del sacerdote, che in alcuni giorni e in certe circostanze si può arricchire e sviluppare con l’orazione sul popolo o con un’altra formula più solenne.
c) Il congedo del popolo da parte del diacono o del sacerdote, perché ognuno ritorni alle sue opere di bene lodando e benedicendo Dio;
d) Il bacio dell’altare da parte del sacerdote e del diacono e poi l’inchino profondo all’altare da parte del sacerdote, del diacono e degli altri ministri”.
 
Vediamo nel dettaglio. Il punto a è a mio avviso il più controverso, in quanto questa strategia del concedere poco porta poi alla fine a dover concedere molto, facendo divenire la fine della Messa un altro luogo per verbosità francamente fuori luogo. Distruggere l’atmosfera spirituale (quando effettivamente creata) per dire che “fuori ci sono i ragazzi della parrocchia per la pesca di beneficenza” e cose similari è un vulnus per la liturgia che dovrebbe essere sanzionato.
 
I punti b,c,d sono prettamente rituali e metterli in una lista allo stesso piani del punto a mi sembra francamente fuori luogo. Mi sembrerebbe bello che il saluto e la benedizione finale del sacerdote possano essere cantati, per mantenere tutto su un tono solenne e non quotidiano (specialmente se ci sono stati i famigerati avvisi). Così anche per l’Ite, Missa Est. Ma oramai queste sembrano battaglie perse.
 
Aurelio Porfiri

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