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Dal 14 al 17 settembre si è svolto a Roma il Pellegrinaggio internazionale del Populus Summorum Pontificum, nel decennale dell’entrata in vigore del Motu Proprio. Benedetto XVI ha esteso alla Chiesa universale la possibilità di celebrare la santa Messa, secondo il Messale Romano, edizione 1962, definita forma straordinaria del rito romano.

Ho partecipato alle celebrazioni in S.Maria sopra Minerva, dove è stato commemorato il santo cardinal Carlo Caffarra, e alla Trinità dei Pellegrini, per la Messa solenne in rito domenicano antico. In particolare, mi sono rallegrato del solenne pontificale nella Basilica di San Pietro, in cui è stata eseguita la Missa Summorum Pontificum per coro e organo, composta dal Mº Aurelio Porfiri. Una Messa che anche prevede la possibilità per i fedeli di intervenire in varie parti dell’Ordinarium e del Proprium, nell’assoluto rispetto del testo latino. Sono state finalmente colte alcune suggestioni della Istruzione sulla Musica Sacra e la Sacra Liturgia (1958), specialmente riguardo al più ampio uso dei versetti salmodici nelle antifone di offertorio e comunione.

Il Venerabile Pio XII, nella celebre enciclica Mediator Dei di cui celebreremo il 70mo anniversario il prossimo 20 novembre, ha scritto: “Sono da lodarsi coloro che si studiano di far sì che la Liturgia anche esternamente sia un’azione sacra, alla quale tutti i presenti in realtà prendano parte. E ciò può avverarsi in vari modi: quando cioè tutto il popolo, secondo le norme dei sacri riti, risponde, conservando il giusto ordine, alle parole del sacerdote, o esegue dei canti che rispondano alle varie parti del Sacrificio, o fa l’uno e l’altro, o finalmente quando nella Messa solenne risponde alle preghiere del celebrante e partecipa anche al canto liturgico”.

Il lavoro del Mº Porfiri, persona di fede e di arte, nota a livello internazionale, si inscrive in questa sana tradizione liturgica, salvando e valorizzando l’esempio che viene dai grandi Maestri del passato ma non avendo paura della giusta innovazione, dello sviluppo organico. La stragrande maggioranza dei fedeli ha capito e gradito.

Qualcuno ha detto che questo evento è da considerare come l’inizio di un nuovo Movimento Liturgico in favore della forma straordinaria. Questa affermazione potrebbe intendersi nel senso che, con tale coraggiosa iniziativa, coloro che si sentono attratti dalla forma straordinaria, dimostrano che la Tradizione non è un oggetto da museo, ma è, dall’etimo latino, il tradere, il trasmettere quello che si è ricevuto ad normam sanctorum Patrum, come afferma la Costituzione liturgica del Vaticano II. Alla Traditio, come fonte della Rivelazione insieme alla Sacra Scrittura, appartiene la Sacra Liturgia, che include la Musica e l’Arte sacre. Dunque, la Tradizione è appunto il movimento di ricevere dai padri e di consegnare ai figli, alle nuove generazioni. E’ quello che sta accadendo con la forma straordinaria del rito romano: un ‘segno dei tempi’ a cui la gerarchia della Chiesa dovrà porre attenzione e incoraggiare sempre più, perché rimette in forma (= re-forma) quanto è deformato nel nuovo rito e di conseguenza nella fede. Nella Chiesa, eccetto il Signore Gesù Cristo, nulla è irreversibile, perché essa è semper reformanda. Questo fa procedere con ardore e senza temere ostacoli.

Don Nicola Bux

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