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Si legge tutto d’un fiato il nuovo libro di Stefano Filippi dal titolo “Complotto in Vaticano – Chi sono i nemici del Papa e come vogliono abbatterlo” (edizione Il Giornale / Fuori dal Coro).

In un pamphlet di 64 pagine appena pubblicato il giornalista veronese ricorda come su Papa Francesco pende lo spettro di quello che in politica si chiama impeachment, cioè la messa in stato d’accusa. Molte voci, infatti, si sarebbero alzate da parte di alcuni porporati e fedeli contrari alla svolta, considerata riformista, di Papa Bergoglio, che considerano “un uomo di scarsa cultura teologica, attaccato al potere, irascibile e vendicativo”.

Nelle pagine del testo Filippi, classe 1962, dal 2001 inviato speciale del quotidiano milanese, dove si occupa prevalentemente di politica, cronaca ed economia, organizza la sua riflessione suddividendola in 12 mini capitoli.

L’autore di “La vera storia di Papa Francesco – biografia di Jorge Mario Bergoglio” (Barbera editore), in questo nuovo testo comincia con la cronaca e spiega ciò che è seguito all’elezione del primo pontefice sudamericano, ricordando le riforme avviate dal pontefice gesuita, il suo manifesto spirituale (con l’evangelizzazione al primo posto, il no all’autoreferenzialità e la denuncia dei mali della mondanità spirituale, l’apertura alle periferie esistenziali) nell’ottica “dell’avviare processi” piuttosto che “nell’occupare spazi”.

Sono stati così tanti i processi avviati che Filippi definisce il Pontefice “il Grande riformatore” e, spiega, che ciò comporta “una serie di rischi. Il pericolo più grande è quello di trovarsi di fronte a una serie di grandi incompiute. Riforme annunciate, avviate, che poi non riescono a essere portate a conclusione”.

Filippi ricorda che molte iniziative hanno creato “forti resistenze al cambiamento all’interno della curia e in alcuni settori del mondo cattolico che hanno osteggiato il nuovo impulso voluto dal pontefice argentino”, rammentando che la riforma della curia è ancora in mezzo al guado, come è rimasta una “rivoluzione incompiuta” quella che riguarda lo Ior e le finanze vaticane.

Filippi ricorda come sia cresciuto il malumore nei confronti del Pontefice dopo la pubblicazione dell’esortazione post sinodale Amoris Laetitiae e di come Papa Francesco sia stato accusato di “discontinuità con il magistero precedente”, ricordando poi gli attacchi che ha ricevuto per essere stato accusato di “volere smontare anche la liturgia”, del “dialogo ambiguo con i Luterani”, del parlare “a ruota libera” con i giornalisti, e di altre affermazioni.

Nelle sue iniziative di riforma, per Filippi, il Santo Padre non è stato supportato a sufficienza dai mass media vaticani, svelando le tensioni tra Segreteria di Stato e Segreteria per l’economia, “che si sono riflettute sul Dicastero per la comunicazione” e si sono “alimentate in un anno drammatico per la Santa Sede a causa dei nuovi scandali sessuali che hanno messo a dura prova i portavoce vaticani”.

Ricordando i recenti fatti accaduti (viaggi a Panama e negli Emirati) o che stanno per accadere (l’incontro sul tema della protezione dei minori) Filippi rammenta gli impegni contro la pedofilia sia del Papa emerito Benedetto XVI sia di Papa Francesco. Tuttavia rileva che in materia “anche Francesco ha commesso errori” come nei casi del Cile e dell’ex cardinale, ora ridotto allo stato laicale, Theodore McCarrick.

Il giornalista conclude il suo testo con un capitolo scottante intitolato “Lo spettro dell’impeachment”, peraltro uno stato d’accusa non previsto dal Codice di Diritto Canonico. Ma benché non contemplata “l’idea dell’impeachment si diffonde nelle cerchie antibergogliane”, scrive Filippi, “mettere il papa sul banco degli imputati e deporre un pontefice non più ortodosso è il sogno proibito di molti”.

Filippi spiega che la contestazione ha preso la strada “di lavorare ai fianchi il papa argentino perché sia lui stesso ad ammettere gli errori giungendo magari a dimettersi”.

Filippi, che nel testo, da cronista di razza, riporta le polemiche contro Francesco, ma non attacca mai il Sommo Pontefice, anzi ne spiega bene – con diverse citazioni documentate – il pensiero, chiude l’ultima pagina del suo libro con una affermazione del Pontefice.

“Francesco appare sereno, in buona salute, distaccato. Ma salutando a Panama i volontari […] ha pronunciato una frase sibillina: ‘Come vi ho detto a Cracovia, non so se ci sarò alla prossima Giornata mondiale della gioventù. Ma vi assicuro che Pietro ci sarà e vi confermerà nella fede’ ”.

MATTEO ORLANDO

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