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Per ogni uomo che Lo vuole cercare, Gesù “è il seme nascosto pronto a morire per dare molto frutto”. All’Angelus dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, Papa Francesco illustra con queste parole il Vangelo in cui San Giovanni riferisce un episodio avvenuto negli ultimi giorni della vita di Gesù, poco prima della sua Passione. Mentre si trova a Gerusalemme per la festa di pasqua, alcuni greci esprimono il desiderio di vederlo. Si avvicinano all’apostolo Filippo e gli dicono: “Vogliamo vedere Gesù”.


“Nella richiesta di quei greci – afferma il Pontefice – possiamo scorgere la domanda che tanti uomini e donne, di ogni luogo e di ogni tempo, rivolgono alla Chiesa”. Gesù risponde alla richiesta dei greci con queste parole: “è venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. […] Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Per conoscere e capire Cristo, spiega Francesco, si deve guardare “il chicco di grano che muore nel terreno”, si deve guardare la croce.

Viene da pensare al segno della croce, che è diventato nei secoli l’emblema per eccellenza dei cristiani. Chi anche oggi vuole “vedere Gesù”, magari provenendo da Paesi e culture dove il cristianesimo è poco conosciuto, che cosa vede prima di tutto? Qual è il segno più comune che incontra? Il crocifisso, la croce. Nelle chiese, nelle case dei cristiani, anche portato sul proprio corpo. L’importante è che il segno sia coerente con il Vangelo: la croce non può che esprimere amore, servizio, dono di sé senza riserve: solo così essa è veramente l’“albero della vita”, della vita sovrabbondante. Il Papa intreccia poi il brano del Vangelo odierno con desideri profondi incastonati nel cuore di molti uomini e donne. “Anche oggi – afferma il Santo Padre – tante persone, spesso senza dirlo, in modo implicito, vorrebbero ‘vedere Gesù’, incontrarlo, conoscerlo”.

Da qui si comprende la grande responsabilità di noi cristiani e delle nostre comunità. Anche noi dobbiamo rispondere con la testimonianza di una vita che si dona nel servizio, di una vita che prenda su di sé lo stile di Dio – vicinanza, compassione e tenerezza – e si dona nel servizio. Si tratta di seminare semi di amore non con parole che volano via, ma con esempi concreti, semplici e coraggiosi, non con condanne teoriche, ma con gesti di amore. Allora il Signore, con la sua grazia, ci fa portare frutto, anche quando il terreno è arido a causa di incomprensioni, difficoltà o persecuzioni, o pretese di legalismi o moralismi clericali. Questo è terreno arido. Proprio allora, nella prova e nella solitudine, mentre il seme muore, è il momento in cui la vita germoglia, per produrre frutti maturi a suo tempo.

È in questo intreccio di morte e di vita “che possiamo sperimentare la gioia e la vera fecondità dell’amore” che sempre “si dà nello stile di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza”. Dopo la preghiera mariana, il Papa ha ricordato che oggi in Italia si celebra la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Le mafie sono presenti in varie parti del mondo e, sfruttando la pandemia, si stanno arricchendo con la corruzione”.


Francesco ha anche ricordato che domani ricorre la Giornata mondiale dell’acqua. Una Giornata che “ci invita a riflettere sul valore di questo meraviglioso e insostituibile dono di Dio”. Per noi credenti, “sorella acqua” non è una merce: è un simbolo universale ed è fonte di vita e di salute”. (VATICANNEWS)

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