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“Andare in Galilea significa percorrere vie nuove”. È il secondo annuncio di Pasqua, proclamato dal Papa nell’omelia della veglia pasquale, celebrata per il secondo anno consecutivo nella basilica di San Pietro con le misure restrittive imposte dalla pandemia ancora in corso. “È muoversi nella direzione contraria al sepolcro”, ha spiegato Francesco: “Le donne cercano Gesù alla tomba, vanno cioè a fare memoria di ciò che hanno vissuto con Lui e che ora è perduto per sempre. Vanno a rimestare la loro tristezza. È l’immagine di una fede che è diventata commemorazione di un fatto bello ma finito, solo da ricordare”.

“Tanti vivono la ‘fede dei ricordi’, come se Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù ormai lontano, un fatto accaduto tanto tempo fa, quando da bambino frequentavo il catechismo”, il monito del Papa: “Una fede fatta di abitudini, di cose del passato, di bei ricordi dell’infanzia, che non mi tocca più, non mi interpella più”. Andare in Galilea, invece, “significa imparare che la fede, per essere viva, deve rimettersi in strada”, ha proseguito Francesco: “Deve ravvivare ogni giorno l’inizio del cammino, lo stupore del primo incontro. E poi affidarsi, senza la presunzione di sapere già tutto, ma con l’umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio. Andiamo in Galilea a scoprire che Dio non può essere sistemato tra i ricordi dell’infanzia ma è vivo, sorprende sempre. Risorto, non finisce mai di stupirci. Ecco il secondo annuncio di Pasqua: la fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio superato. Egli è vivo, qui e ora. Cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro. Apre vie nuove dove ti sembra che non ci siano, ti spinge ad andare controcorrente rispetto al rimpianto e al “già visto”. “Anche se tutto ti sembra perduto, apriti con stupore alla sua novità”, l’’invito rivolto dal Papa singolarmente a ciascuno di noi: “ti sorprenderà”. (SIR)

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