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“Le famose parole di Giovanni Paolo II ad Agrigento non furono frutto del caso”: lo dice al nostro sito Monsignor Carmelo Ferraro, arcivescovo emerito di Agrigento che fu al fianco ai Giovanni Paolo II durante lo storico discorso del 9 Maggio 1993 diretto ai mafiosi. Lo abbiamo intervistato.

Monsignor Ferraro, come andarono le cose?

“Nella mia diocesi il problema mafia era noto e pensi che sin dal 1990 si registrarono da noi oltre 150 morti ammazzati per mafia, ogni settimana un delitto. Per questo si fece uno studio-opuscolo che il Papa lesse. Nella  mattinata della sua visita si mise in scena questa rappresentazione: 15.000 giovani lo vollero incontrare, ma crearono da una parte il corteo della morte con musiche tetre che rappresentavano la magia, dopo uscivano ed entravano altri con vesti bianche e musiche belle, con il crocifisso, il corteo della vita. Ricordo anche che i giovani da quel luogo non vollero andarsene aspettando il Papa per la messa”.

Che cosa aveva detto il Papa?

“Che la mafia va contro la cultura del non uccidere, che era disumana e il suo dna è la vendetta”.

Il bello doveva venire…

“Nel pomeriggio il Papa aveva riposato in episcopio sino alle 16:00 non volevo che si stancasse. Alle 16:30 circa incontrò, sempre in episcopio,  i genitori del giudice Rosario Livatino e i parenti di un altro giudice ucciso dalla mafia a Canicattì. L’incontro fu toccante e il Papa ne rimase quasi sconvolto. C’ era anche il cardinale Pappalardo”.

Poi?

“Ecco l’omelia nella quale, credo cambiando dal testo, certamente assumendo tono diverso gridò ai mafiosi di convertirsi che il giorno del giudizio sarebbe arrivato anche per loro. Ebbi modo di riflettere che non aveva maledetto, ma invitato alla conversione, ecco la grandezza E la mafia, che non dimentica, ha restituito”.

Cioè?

“A Luglio dello stesso anno un carico di tritolo ha sventrato parte del Laterano e di San Giorgio al Velabro a Roma. La vendetta per le parole del Papa”.

Qual è la sua idea su Giovanni Paolo II?

“Un grande uomo di Dio, rappresentante del risorto. La sua grandezza in quel discorso non è stata la maledizione, quanto l’ invito alla conversione. Un grande immenso dono di Dio”.

Bruno Volpe

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