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“Ha trasmesso ai giovani il senso cristiano della vita e della speranza:” lo dice in questa intervista che ci ha dato Monsignor Claudio Giuliodori, vescovo emerito di Macerata- Tolentino- Recanati- Gingli- Treia su Giovanni Paolo II. Oggi egli è assessore ecclesiastico generale dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore.

Eccellenza, per motivi di lavoro, lei ha frequentato a lungo Giovanni Paolo II. Che idea ne ha ricavato?

“Io mi sono trovato a collaborare con lui in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, quella del 2000 che  di fatto ci portava da un millennio all’ altro. A mio avviso, il Papa seppe e volle dare al mondo intero, e non sono ai giovani un segno profetico di vita  e di speranza. Ricordo quel dinamismo  della fede e che non era mai fine a sé stesso, ma utile ed anzi basilare nel mettere al centro di tutto il mistero della eucarestia. Fu in grande capolavoro di Giovanni Paolo II, la sua immensa intuizione”.

Ma vi è un secondo aspetto al quale il Papa polacco era altrettanto rigido: la morale cattolica…

“Vero. Intanto lui ha avviato e direi persino insegnato quella che ora si chiama teologia del corpo. Poi ha sempre giustamente insistito in tutto il suo lungo magistero sulla centralità della famiglia sacramentale. Ha insegnato questo tipo di pastorale in un tempo e momento storico che non sembrava adeguato a recepire eppure non ha avuto paura. Il Papa, con la sua carità nella verità, ci ha insegnato ad apprezzare la verità nella carità e che non possiamo fare quello che ci pare, che occorre accettare il grande dono della vita. La sua pastorale sociale, improntata ai cosiddetti principi non negoziabili, ma nella carità, resterà davvero scolpita nella nostra storia. Aiutò molto a promuovere la famiglia sacramentale e l’ uomo. Davvero un Papa immenso e lavorare con lui fu un onore”.

Bruno Volpe

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