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Mai come oggi un governo è stato tanto determinato nell’impresa di allargare ulteriormente le maglie dell’aborto. Eppure proprio ora Avvenire, voce ufficiale della Cei, ha deciso di fare inquietanti aperture sul tema. Lo ha fatto ospitando, il 27 agosto 2020, l’intervento di Angelo Moretti, coordinatore della Caritas Diocesana di Benevento. Nel suo articolo Moretti invitava i cattolici a superare i “residui ideologici” che li facevano opporre alla legge 194 e alla pillola abortiva Ru486.

La reazione del mondo pro life non si è fatta attendere e ha preso anche la voce di Don Gabriele Mangiarotti, sacerdote della Diocesi di San Marino da tempo impegnato contro l’aborto e responsabile di CulturaCattolica.it. In una lettera ad Avvenire, pubblicata dal giornale della Cei il 1 settembre, ribadiva le ragioni dell’opposizione all’aborto in ogni sua forma. Non contento, però, il quotidiano cattolico ha dato alle stampe, il 13 settembre, la lettera di un ginecologo obiettore di coscienza che motivava il suo essere a favore della legge 194 perché avrebbe cancellato la mortalità femminile dovuta agli aborti clandestini.

La seconda lettera, scritta da Don Gabriele in risposta a quest’ultima, Avvenire non ha voluto pubblicarla, ma è uscita su CulturaCattolica.it, l’Osservatorio Van Thuan e altri siti. Sulle stesse piattaforme web è stata inoltre pubblicata una lettera che il Don ha inviato, insieme ad altri 15 amici, al presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, per esprimere sconcerto circa le posizioni assunte da Avvenire.

Don Gabriele, nel mondo cattolico è in corso un tentativo di normalizzare l’aborto?

Mi auguro proprio di no, anche se la situazione è molto strana. È come se si dimenticassero le questioni fondamentali, è come se si dimenticasse cos’è realmente l’aborto: invece che cogliere la dinamica di soppressione di una vita umana, che è tale dal concepimento al termine naturale, si pensa alle questioni sociologiche o economiche. Mentre il Papa è esaltato quando dice certe cose, è cancellato quando parla della difesa della vita, come anche recentemente ha fatto a proposito della campana “La voce dei non nati”. In quell’occasione il Santo Padre ha ribadito il rifiuto totale dell’aborto e ha chiesto ai legislatori di impegnarsi in questa linea, un’altra volta aveva addirittura detto che l’aborto è come affittare un sicario, ma è come se di fronte a queste affermazioni prevalesse qualcosa d’altro. Si volge lo sguardo da un’altra parte rispetto al fatto che quella è l’uccisione di un essere umano. Si guarda altro e ci si rassegna.

Avvenire ha cambiato posizione su questo tema rispetto al passato?

A me sembra che ci sia un cambiamento inspiegabile. Siamo effettivamente di fronte a un mutamento grave di mentalità, quello che si chiama il principio della rana bollita o la finestra di Overton, cioè certe cose, che prima sembravano assolutamente indicibili, adesso diventano quasi ovvietà. Sembra ovvio che ci sia la legge dell’aborto, sembra ovvio che questa legge abbia come scopo fondamentale la difesa della maternità, sembra ovvio che basterebbe richiamarsi alla prima parte o all’intenzione per ottenere maggior giustizia e non ci si rende conto che non è assolutamente ovvio, perché questa legge non è stata fatta per difendere la vita, ma è stata fatta per introdurre l’aborto e quindi bisogna avere il coraggio di dire queste cose.

Lei ha scritto anche una lettera al presidente della Cei.

Ho scritto questa lettera insieme ad amici per ottenere un ascolto, soprattutto in seguito alla linea che sembrava tenere Avvenire sull’aborto e sulla legge Zan. Non basta dire “diamo voce a tutti”. Poi se danno voce a tutti, perché non danno voce anche a noi, che abbiamo scritto certe cose e non sono state pubblicate? Ma poi voglio dire: un giornale ha il diritto e il dovere di mantenere una linea ben precisa o, se dai voce, però critichi certe derive anti-cristiane. Una volta il giornale era sentito come la voce dei cattolici, si cercava in esso un giudizio chiaro per una battaglia giusta di verità e di libertà, adesso mi sembra quella famosa trasmissione che si chiamava “A bocca aperta”, dove tutti dicevano qualunque cosa, anche una cosa e il suo contrario. A me non sembra che il giornale dei cattolici debba dire una cosa e il suo contrario, ma debba aiutarci a capire come la posizione cattolica sia la più ragionevole, la più comprensiva e la più capace di valorizzare le posizioni di tutti. Se no che cattolicesimo è? Un cattolicesimo in svendita.

Oggi parlare contro l’aborto sta diventando un tabù anche in ambienti cattolici?

Questo non lo so. Sembra che si parli di qualcosa di cui non vale più la pena discutere. Si è rassegnati di fronte al fatto che l’aborto c’è e, siccome si dice che la legge 194 è indiscutibile, si accetta questa logica, perché purtroppo si dimenticano i fattori fondamentali, si dimenticano l’Evangelium Vitae e la Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II, ma anche l’Humanae Vitae di Paolo VI. Dobbiamo tornare alla fede come ci è stata tramandata. Invece sembra che quello che la Chiesa ci ha sempre insegnato debba essere corretto dalla mentalità del mondo, perché oramai c’è una sensibilità diversa, c’è un modo diverso di guardare le cose, ci sono delle conquiste sociali, culturali, politiche, eccetera. Questa mi sembra una posizione che si potrebbe definire “neo-modernista”. Eliot si chiedeva: «È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità o l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?». Io ricordo la risposta che dava Don Giussani: è una cosa e anche l’altra, perché è pure la Chiesa ad aver abbandonato l’umanità. La Chiesa ha dimenticato di dire la verità di Cristo.

Lei è sempre stato vicino a Cl. Il suo impegno pubblico contro l’aborto è in linea con l’insegnamento di Don Giussani?

Certamente, è totalmente in linea, perché Don Giussani ci ha insegnato a essere cattolici a 360 gradi, quindi a essere capaci di giudicare la vita e la realtà senza timore, senza fraintendimenti, senza cedimenti. Questo mi sembra l’aspetto fondamentale. Certo, occorre che questo insegnamento venga continuamente ripreso, non basta averlo alle spalle. Diceva Giovanni Paolo II: «Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta». In altre parole, una fede che non diventa giudizio non è una fede cattolica, è un’altra cosa, è un deismo, un’espressione di buoni sentimenti, sarà quel che si vuole, ma non è una fede cattolica.

Chi è favorevole all’aborto, anche in ambito cattolico, sostiene che la sua legalizzazione elimini la mortalità femminile dovuta ad aborti clandestini.

Secondo la dottrina cattolica non si può mai fare il male per ottenere il bene. L’aborto è un male, perché è l’uccisione di un essere innocente, non posso farlo per ottenere un’altra cosa, perché il male non si può volere, questo è proprio uno dei principi cristiani. Ma sta di fatto che quella legge, se fosse servita soltanto a cancellare l’aborto clandestino, non avrebbe generato quello che poi ha generato. Nella mia lettera che Avvenire non ha voluto pubblicare dimostro come in realtà manchino all’appello molte più nascite rispetto alla media esistente prima che la legge 194 entrasse in vigore.

Poi l’introduzione di una legge contribuisce a creare una mentalità di accettazione verso un determinato fatto.

Certo, quanta gente ho sentito dire “se non ci fosse stata la legge sull’aborto, come anche quella sul divorzio, non avremmo cambiato la nostra situazione”. Invece la legge di fatto fa diventare positiva un’azione negativa.

Perché scandalizza tanto alcune persone l’idea che un feto umano abortito goda di una degna sepoltura e non venga gettato in mezzo all’immondizia?

La ragione dello scandalo sta nel fatto che questa azione riconosce che il bimbo abortito è un bimbo, è un essere umano, non è un semplice “rifiuto ospedaliero”, non è un’appendice tirata via o un pezzo di intestino o un tumore. Io non credo che se qualcuno trovasse un cadavere per strada sarebbe autorizzato a buttarlo nell’immondezzaio, esiste il vilipendio di cadavere, questo perché si riconosce all’essere umano, anche defunto, un valore, una dignità che altri esseri viventi non hanno.

C’è un atteggiamento rassegnato in molti cattolici nei confronti dell’aborto, come se fosse qualcosa di intoccabile, come se fosse una battaglia persa a cui non vale la pena dedicare tempo. Perché un cattolico dovrebbe andare avanti a combattere su questo fronte anche se sembra che non ci sia nessuna speranza di vincere?

Per due motivi. Il primo motivo: perché noi siamo seguaci di Gesù Cristo, che è morto in croce, se avesse accettato questa logica non avrebbe percorso questa strada. Comunque è morto in croce, ma poi è risorto. Gesù Cristo ha testimoniato la verità fino alla fine, pagando anche di persona, e quindi questo dimostra che la verità è più importante delle convenienze sociali. Secondo: è vero che si possono e si devono fare battaglie anche se non si possono vincere, tuttavia chi ha mai detto che certe battaglie non si possano vincere? Guardiamo la Repubblica di San Marino: sono cinque anni che provano ad approvare una legge sull’aborto e per cinque anni la cosa è stata fermata. Anche in Polonia, quando Solidarność si è dato da fare, sembrava impossibile che in nome della Madonna di Częstochowa si potesse ristabilire la giustizia, il potere assoluto del comunismo sembrava indiscutibile, invece è crollato. Non è mica vero che si deve soltanto perdere nel difendere la verità, si può anche perdere, ma si può anche vincere. Perché il cuore dell’uomo comunque rimane sensibile alla verità e allora bisogna che qualche volta si abbia il coraggio di dirla. I cristiani dovrebbero essere la coscienza critica della società. Dobbiamo dire il vero. Dirlo nella maniera giusta, nella maniera rispettosa, ma dirlo. Dobbiamo seguire il famoso esempio del grande drammaturgo ed ex presidente della Cecoslovacchia Václav Havel, che ne Il potere dei senza potere scrisse: «Di’ la verità e vedrai che prima o poi questa cosa cambia la realtà». In Cecoslovacchia l’ha cambiata. Solženicyn diceva: «Se non hai il coraggio di dire la verità, abbi almeno il coraggio di non approvare la menzogna». Così facendo probabilmente qualcosa potrà cambiare.

Beatrice Maria Beretti

Un pensiero su “Don Mangiarotti: “Grave che Avvenire apra all’aborto””

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