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fotoIn esclusiva assoluta, Krzysztof Charamsa, il teologo vaticano noto alle cronache mondiali per il suo coming out effettuato poco prima del Sinodo sulla Famiglia, ha risposto alle domande de La Fede Quotidiana. Charamsa, ha espresso tutto ciò pensa sull’omosessualità, sulla Chiesa, sul Papa, sulla Catalogna e la sua richiesta d’indipendenza, su vari aspetti della morale cristiana e della storia della Chiesa. Riportiamo letteralmente, senza censure, quello che lui, polacco, ha affermato in un ottimo italiano.

Pubblichiamo la prima parte, di tre, dell’intervista.

 

I suoi detrattori la accusano di aver effettuato coming out per puro calcolo personale. La sua situazione economica è migliorata o peggiorata da quando ha lasciato il Vaticano?

«Effettivamente, in Italia, come in Polonia, le detrazioni, le calunnie e le diffamazioni, le bugie sul mio conto hanno toccato l’orlo della perfezione mediatica. Hanno inventato di tutto per distruggere il mio nome, come si fa nei sistemi che distruggono la persona che ha detto al sistema una verità scomoda, la quale esige la conversione. Questo è il caso della mentalità della società cattolica o quella dei testimoni di Geova o di altre società settarie. Sanno solo screditare rapidamente ed efficacemente per non aprire alcun dialogo con la persona. Così funziona la Chiesa anche adesso e così funzionano le società collegate con questo sistema. Nel coming out ho perso tutto: il lavoro, lo stipendio, le risorse per la vita, l’abitazione, l’insegnamento all’università, la pensione, la sicurezza sociale e medica. Ho perso tutto e non ho guadagnato nulla. La Chiesa in un istante mi ha privato di tutto, come se io non esistessi mai. Nei casi analoghi al mio la Chiesa è di solito disumana, priva di qualsiasi senso di umanità, di giustizia, di dovere morale verso un lavoratore. Quanto più annuncia la misericordia, tanto più lascia per strada un sacerdote che ha lavorato per essa tutta la sua vita e le ha detto la verità su stesso: certo, l’ha detta così come lo poteva fare; dentro la Chiesa non poteva dirlo! La Chiesa, con i sacerdoti che vengono buttati via dal ministero, si comporta in maniera priva di umanità e così conferma che è chiusa a qualsiasi dialogo e comprensione della persona umana. I sacerdoti buttati via, bruciando ponti dietro di loro, vengono umiliati nell’ambiente, discreditando il loro nome e appunto privando di qualsiasi diritto acquisito con il lungo lavoro nella Chiesa. Vale la pena che il papa Francesco rifletta anche su questo punto, insieme con la Chiesa, nell’anno di misericordia, affinché gli slogans di misericordia  non siano una bella e insieme falsa facciata che nasconde ciò che la Chiesa realmente fa. Il più delle volte la Chiesa è una casa, però non di misericordia! È una casa vendicativa, che spera di distruggere la vita dei sacerdoti buttati fuori. Molti preti buttati via, privi di mezzi per la vita, privi del lavoro e in difficoltà di trovarne uno, entrano in depressione e la Chiesa gode di questo, sperando che magari torneranno a chiedere la sua compassione. La Chiesa Cattolica è semplicemente una istituzione totalitaria e disumana, perché così vuole anche far vedere a tutti i preti che stanno dentro che cosa li aspetta nell’eventuale caso analogo. Sapere la sorte di preti buttati via dalla Chiesa deve essere anche un avvertimento e una minaccia per gli altri, affinché stiano attenti e abbiano paura. Dunque, la mia situazione economica non solo è peggiorata, ma sono stato privato di tutto, mentre ho recuperato la libertà umana e cristiana, la libertà di coscienza, la felicità e la dignità personale. In questo ambito umano tutto è migliorato».

Lei ha sostenuto che la “Chiesa cattolica non uccide fisicamente le persone, ma le uccide psicologicamente”. Può spiegarci meglio?

«Sì, oggi la Chiesa non prepara il rogo alle persone omosessuali, come l’inquisizione (quella, dove lavoravo anch’io) lo faceva nel passato, senza mai aver chiesto perdono per le sue aberrazioni. Oggi con la falsità dei suoi insegnamenti uccide psicologicamente le persone omosessuali che credono. Per fortuna i suoi influssi sociali non sono così forti come nel passato, dunque le persone omosessuali possono difendere la propria dignità anche allontanandosi da questa Chiesa accecata e ignorandola. Nel passato questo era più difficile. Oggi lo è ancora nelle società che sono omofobiche a causa di un prepotente influsso della mentalità della Chiesa, come accade in Polonia o in Italia. La Chiesa uccide psicologicamente e perciò capisco bene le persone omosessuali che – per difendere la propria dignità – fuggono da questa paranoica istituzione. Ma certo, non possono fuggire dai propri Stati, piegati sotto il giogo del prepotente influsso del Vaticano, e così incapaci di riconoscere i fondamentali diritti delle persone omosessuali all’amore, al matrimonio e alla famiglia».

Lei in una intervista ha sostenuto che la Chiesa l’ha “costretta per anni a rimanere chiuso nell’armadio”. Qualcuno l’ha costretta a rimanere “negli armadi” o qualcuno l’ha forzata a diventare sacerdote?

«La Chiesa costringe a rimanere nell’armadio facendo odiare e disprezzare l’omosessualità, ritenendola una malattia, una cosa cattiva e sporca, diabolica. Essa infonde nella mentalità cattolica terrore e schifo, disgusto dei gays. Lei pensa che nella Chiesa si può fare coming out? Un prete gay lo manderebbero alla terapia correttiva dell’omosessualità. Molto più che una semplice costrizione di rimanere nell’armadio: è il terrore! Se esci dall’armadio, perdi il lavoro o vieni umiliato con le terapie correttive: dunque ti cancellano! Mentre circa la seconda parte della sua domanda: io non ho dubbi che le persone omosessuali sono generalmente fantastici sacerdoti. La domanda, dunque, non può essere se qualcuno mi ha forzato a diventare sacerdote, che presumerebbe che io non sia adatto come gay ad essere sacerdote o che il mio essere gay sia in qualche modo in contraddizione con l’essere sacerdote. La domanda è come si permette la Chiesa – in maniera razzista – di escludere i gays dal sacerdozio, stigmatizzando tutto il collettivo gays».

Matteo Orlando e Maria Rocca

5 pensiero su “INTERVISTA ESCLUSIVA – Charamsa: “Nessuna contraddizione tra l’essere gay e sacerdote””
  1. Che tristezza vedere un consacrato tuffarsi nei più triti armamentari anticattolici.
    Non risulta che il monsignore abbia avuto impedimenti o preclusioni di carriera a causa delle sue inclinazioni, visto il ruolo che ricopriva. Ha scritto libri , insegnato in quella che lui definisce inquisizione (sic) ovvero la Congregazione per la dottrina della fede.

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