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«Con Papa Francesco, anch’io sogno una chiesa povera per i poveri. Sogno parrocchie come fontane del villaggio, dove attingere acqua chiara, incontaminata, benedetta e purificatrice. Sogno giovani che, come il buon grano, anche di fronte alla civiltà della morte ed al maligno che spegne i giusti e santi desideri dell’anima, sappiano dire, sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno (Mt 5,37) e, con alto senso civico e di appartenenza. Auspico che essi coltivino gli ideali di bene, di pulizia, di correttezza, di trasparenza, di coerenza e lasciandosi guidare da Cristo e dalla sua Parola, si lascino riscaldare il cuore, illuminare la mente e indicare la direzione giusta per vivere in modo cristianamente in questo nostro mondo. In un simile contesto, sogno persone di vita consacrata – donne e uomini – che, sulla scia di Vincenzina Cusmano, siano come i portabandiera della carità perfetta: casti, cioè mossi dal solo desiderio che li ha legati intimamente a Dio; madri-padri non dal punto di vista biologico, ma di generatività solidale e agapica, soprattutto a vantaggio degli scartati della vita. Donne e uomini che incarnino, in un’esistenza di perfetta carità, i brani delle Beatitudini in particolare quella dei poveri (Mt 5,3; Lc 6,20), di cui Vincenzina ci aiuta a comprendere sia la duplice accezione sociale e teologica della povertà in spirito matteano, sia quella più concreta e reale della povertà lucana, sottolineando la centralità del tema nel suo Vangelo, legato a quello della sequela di Cristo. Madre Vincenza ricordi ai consacrati  dei nostri tempi non facili, quanto si legge nel Pastore di Erma: «Il ricco possiede molte sostanze, ma è povero davanti al Signore. […] Il povero è ricco nella sua preghiera e nella confessione e la sua preghiera ha grande forza presso Dio» (Il Pastore di Erma, Similitudines, II, [51], 3-9)».

Questo accorato appello spirituale arriva ai lettori de LA FEDE QUOTIDIANA da monsignor Vincenzo Bertolone, Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace (dal 2011) e Presidente della Conferenza episcopale calabra (dal 3 settembre 2015) che abbiamo intervistato in esclusiva in merito alla vita della serva di Dio Vincenzina Cusmano, dopo che Papa Francesco ha autorizzato il riconoscimento delle virtù eroiche della Prima Superiora Generale della Congregazione delle Serve Povere.

Eccellenza, nella Sicilia dell’800 come maturò la sua vocazione religiosa Vincenzina Cusmano, di cui la Chiesa ha da poco proclamato la eroicità delle virtù?

«Nel Sud dell’Italia regnò a lungo la dinastia dei Borboni (Napoli). In particolare, regnò sul trono delle Due Sicilie Ferdinando II (1830-1859) e, dopo l’immatura sua morte preceduta da mesi di malattia, suo figlio Francesco II (1859-60) giovanissimo e presto travolto dagli eventi unitari e dallo sbarco garibaldino. Una serie di eventi segna anche un radicale ripensamento dei rapporti tra chiesa e politica non soltanto in questo regno, ma nell’intera Europa: si rammentino i moti del 1848, con immediata reazione borbonica, l’impresa garibaldina, appena ricordata, il Concilio ecumenico Vaticano I. Durante la seconda metà dell’Ottocento, mentre le vicende politiche si fanno burrascose e le progressive ondate del colera flagellano vasti strati della popolazione, a Napoli e nella sua “succursale” siciliana, cioè Palermo (a quei tempi era il cuore pulsante della santità insulare ottocentesca), continuerà ad operare in campo socioculturale, quindi in stretta relazione con le famiglie aristocratiche e borghesi, nonostante il disorientamento sociopolitico, una nutrita schiera di religiosi, sacerdoti e anime pie di fedeli laici: tra questi, la venerabile Vincenzina Cusmano. Essi sembrano soprattutto voler svolgere un’opera peculiare di “carità cristiana”. In quei tempi agitati di cambiamento, rimasta senza la madre (vittima del colera, luglio 1837), con la zia Caterina, la giovanissima Vincenzina Cusmano (1826-1894) si assume la responsabilità di prendersi cura del padre, della sorella e dei tre fratelli, tra cui Giacomo (oggi beato), il quale diverrà medico, sacerdote e fondatore di Istituti religiosi votati all’assistenza dei poveri e degli scartati dalla società. Una condotta esemplare quella della ragazza, poi dell’adolescente e della donna, caratterizzata da preghiera quotidiana, dalla frequenza ai sacramenti, dall’unione con Dio nel raccoglimento in un piccolo oratorio, eretto in un angolo della casa. Ella, cercando sempre la volontà di Dio, ne percepisce la chiamata a votarsi a lui proprio nella dedizione alla famiglia, nello studio e nella preghiera, in attesa di poter dare poi seguito al voto privato di verginità – come attesta mons. Domenico Turano, suo direttore spirituale – e potersi finalmente consacrare nella vita di perfezione religiosa. Una volta fondata dal fratello Giacomo, ormai sacerdote, l’Associazione del Boccone del Povero, nel 1867, la Serva di Dio è tra le sue più entusiaste e zelanti collaboratrici. Tra il 1878 e il 1880, superata ogni precedente incertezza, si sente finalmente chiamata a vestire l’abito delle Serve dei Poveri, assieme ad altre cinque donne che, già nel 1877, il Cusmano aveva riunito come “Sorelle di Carità per i Poveri”, con l’impegno di educare le orfane e preservarle da eventuali devianze, nonché di assistere materialmente e spiritualmente i poveri, riconoscendo, nel loro volto, quello stesso di Gesù Cristo. E così il 23 maggio 1880, festa della SS. Trinità, seguendo la volontà di Dio, Vincenza riceve l’abito religioso dalle mani del fratello Giacomo, abbracciando pienamente il fine della nuova istituzione: esercitare la carità cristiana verso coloro che “sono di nessuno”, servendoli “dalla culla alla tomba”».

Seguendo l’evolversi della vocazione sacerdotale del fratello, il beato Giacomo Cusmano, Vincenzina poté donarsi a Dio e ai poveri. In che modo fece tutto ciò e superando quali difficoltà?

«Vincenzina fu messa a capo dell’Opera femminile nel 1878, a seguito di un particolare avvenimento, che aveva dissipato ogni suo precedente dubbio: si tratta di un sogno di Giacomo, nel quale la Vergine Santa gli confermava che l’Opera nascente era gradita al Signore. Il nuovo Istituto – che riconosce nel Cusmano il Fondatore e in Vincenza la figura di primissimo piano per il ramo femminile -, individua e apprezza in lei, ormai cinquantacinquenne, la prima sua Guida generale che ha svolto un ruolo unico e preminente nella storia dell’Istituto e dello stesso fondatore del Boccone del Povero. Si legge in una lettera con 11 firme (prima firmataria Vincenza), del 19.7.1880: “…aggiungiamo una sincera protesta, di volere con la grazia del Signore essere osservatissime della nostra regola”. L’Opera femminile delle Serve dei poveri, da Vincenzina retta in coordinamento e collaborazione con il ramo maschile, si diffonde rapidamente in tutta la Sicilia, grazie alle intuizioni e alle azioni di carità eroica. Ella, va questuando, con grande abnegazione, per la città di Palermo, chiedendo di porta in porta il “boccone del povero” (perciò si parla anche delle bocconiste e dei bocconisti), suscitando grande ammirazione e commozione tra la gente. Tutte le successive occasioni costituiscono per lei un tempo propizio per sviluppare la ricerca dell’essenziale cristiano, caratterizzato dall’esperienza della preghiera, della devozione eucaristica e mariana, in intima unione con Dio e nell’esercizio eroico delle virtù cristiane e umane. Tutto ciò viene vissuto da lei con semplicità e con una personalità matura ed equilibrata, che esprime una spiritualità solida e serena, uniformatasi sempre più all’adorabile ed imperscrutabile volontà divina ed al mistero dello Humilis Jesus, riconosciuto presente nei poveri, nelle orfane e nei ceti sociali più disagiati della Sicilia. Vincenzina brilla effettivamente come santa “donna dell’ascolto”, la cui luce splenderà sempre di più se messa in correlazione con le altre figure contemporanee elette di anime, che hanno illustrato la Chiesa del secolo XIX in Sicilia, nel Sud, nell’Italia tuttora. Quelle donne pie e caritatevoli, componenti la comunità di San Marco (Palermo) dal 1874, fungevano da mamme alle orfane, ovvero da sorelle dei poveri, svolgendo un apostolato costellato da continui atti di eroismo, di abnegazione, di carità “senza limiti”, godendo degli stessi privilegi delle figlie e dei figli di san Vincenzo de’ Paoli e del terz’Ordine francescano».

Ardore eucaristico e ansia apostolica animarono tutta la vita di questa santa suora. Ci può fare qualche esempio?

«Le due caratteristiche qualificanti la vita cristiana eroica di Vincenzina furono proprio l’ardore eucaristico e l’ansia apostolica. Chi oggi voglia imitarla e chiederne intercessione per ottenere grazie, deve insistere su questi due aspetti. Viene sottolineato da documenti e testi “un profondissimo amore per Gesù Eucaristico”, unito alla costante preghiera e alla dimensione ecclesiale della fede, la quale viene manifestata anche “nel suo amore e nella sua devozione verso la Vergine Maria e dei Santi”, oltre che nella devozione “ai Sacri Cuori di Gesù e Maria”, al “S. Natale”, alla “pratica dell’Ora di guardia”, al “culto eucaristico […] al mese di maggio[…] a S. Giuseppe[…], S. Stanislao, alla Porziuncola, S. Vincenzo. Giacomo Cusmano, stremato dalla fatica, morirà il 14 marzo 1888 e sarà raggiunto dalla sorella circa sei anni dopo. Le spoglie dei due riposano oggi, uno accanto all’altra, nella Chiesa di Sant’Antonio, a Terrerosse, in Via Giacomo Cusmano a Palermo. Vincenza, che aveva sempre agito da angelo custode della vocazione del fratello, lo accompagnò nel cammino formativo fino alla laurea in medicina e al presbiterato, seguendo anche le indicazioni del comune padre spirituale, mons. Turano, che non si stancava mai di sollecitarli alla divina metamorfosi: una radicale trasformazione che avviene quando il cuore diviene come “imbalsamato di amore”, mentre Dio frattanto “porge gli amori suoi come a torrenti, a diluvio ed incendio divorante”, soprattutto davanti alla santa eucaristia. Madre Vincenza, spinta dall’ansia apostolica, fu costante modello per tutte le Serve dei poveri, col suo spirito di abnegazione e dedizione totale a Gesù presente nei poveri, con le sue visite frequenti a tutte le suore, con le quali mantenne uno stretto rapporto, anche epistolare (la raccolta di Lettere comprende ben 441 lettere, raccolte in vari volumi, uno dei quali contiene le 234 lettere di corrispondenza con il fratello). Tutta la documentazione, vagliata ed esaminata dagli storici e dai teologi, ci consente di poter ben rimarcare in Madre Vincenza la devota sottomissione alla volontà di Dio; la spiritualità cristocentrica; la devozione alla Vergine e ai Santi; la preghiera esistenziale e la preghiera in senso formale. In merito, un teologo ha giudicato opportunamente la sua orazione “elevatissima… che raggiunge i vertici della contemplazione”. Davvero, come scrive un altro teologo, “ripercorrendo il curriculum di Vincenzina Cusmano si ha la netta impressione che tutta la sua vita sia stata come illuminata da un fascio di luce soprannaturale che la guidò verso l’amore di Dio e del prossimo”».

Matteo Orlando

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