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Jānis Pujats, creato cardinale da San Giovanni Paolo II, arcivescovo emerito di Riga (Lettonia), nativo di Nautrani, classe 1930, è il primo cardinale che ha firmato la professione pubblica di fedeltà alla disciplina di sempre della Chiesa su matrimonio ed Eucarestia pubblicata il 31 dicembre scorso (vedi QUI).

Il cardinale, che dal 14 novembre 2010 ha perso il diritto di prender parte ad un futuro conclave, perché ha superato la soglia degli ottanta anni, ha aggiunto la sua firma a quella già espressa da cinque vescovi: i kazaki Tomash Peta, Arcivescovo Metropolita dell’Arcidiocesi di Maria Santissima in Astana, Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Maria Santissima in Astana e Jan Pawel Lenga, Arcivescovo-Vescovo emerito di Karaganda, e gli italiani monsignor Luigi Negri, dal 3 giugno 2017 arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio e monsignor Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America.

Balza agli occhi il fatto che hanno firmato la dichiarazione, per il momento, sono vescovi e cardinali che non hanno nulla da perdere (in quanto emeriti) o, come scrive il vaticanista del TG1 Aldo Maria Valli, presuli di «una terra nella quale la Chiesa è piccolo gregge e la fiammella della fede è stata riaccesa da ex-deportati del regime sovietico, ovvero da perseguitati», proprio quegli oppressi che stanno tanto a cuore al Santo Padre Francesco.

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