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La Fede Quotidiana pubblica in versione integrale e senza censure il testo dell’intervento di Sua Eccellenza Monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, in occasione del Congresso Mondiale delle Famiglie.

Monsignor Zenti, classe 1947, laureato in Teologia e Filosofia e in Lettere classiche, dall’8 maggio 2007 è il 140º vescovo della storia della Diocesi di Verona.

Nei suoi anni di episcopato in terra trevigiana il vescovo Zenti è intervenuto più volte sui quotidiani locali invitando Unabomber ad un faccia a faccia privato. Ha scritto due lettere aperte a Romano Prodi ottenendo sempre risposta: la prima volta durante la campagna elettorale del 2006 per chiedere attenzione alla famiglia nel suo programma; la seconda nel settembre dello stesso anno, esprimendo il concetto che il lavoro precario scoraggerebbe i giovani a sposarsi. A questa lettera hanno risposto, criticamente, il senatore Maurizio Sacconi, il presidente di Confindustria Treviso Andrea Tomat e don Antonio Mazzi, seguiti a ruota dal Presidente del Consiglio. Prendendo spunto anche dalla controversia sulla lezione di Ratisbona di papa Benedetto XVI ha affermato come solo partendo dall’ermeneutica e dall’esegetica è possibile instaurare un dialogo tra le religioni. Nel dicembre 2006, come altri presbiteri veneti, mons. Zenti si è scagliato pubblicamente contro la figura di Babbo Natale.

Monsignor Zenti, il 14 maggio 2015, a poco più di due settimane dalle elezioni regionali, ha inviato agli insegnanti di religione della diocesi un’e-mail confidenziale segnalando una candidata che si era impegnata a lavorare per il sociale debole, cioè i poveri, e per le scuole paritarie cattoliche.

Inutile ricordare che la coraggiosa scelta del vescovo Zenti aveva scatenato le polemiche di altri candidati e di una parte del clero (quello estremamente progressista) della Diocesi di Verona.

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Come Vescovo della Diocesi di Verona, in accordo con il Dicastero per Laici, Famiglia e Vita, non potevo sottrarmi ad un invito esplicito di presenziare all’avvio dei lavori del Forum internazionale delle Famiglie, che ha scelto Verona come sua sede, per porgere il mio saluto deferente alle Autorità e beneaugurante a tutti gli illustri Congressisti e per esprimere in estrema sintesi, e nel rispetto di diversi punti di vista, il pensiero della Chiesa nei riguardi della Famiglia, cellula vitale e istituzionale della società umana.

Preciso subito che il mio intervento è frutto di una elaborazione di carattere sinodale con i miei Vicari episcopali e di apporti significativi puntuali di altre autorevoli consultazioni.

Anzitutto, mi permetto di dirvi: sentitevi di casa a Verona. Verona è Città che porta nei cromosomi del vivere civile il senso dell’ospitalità e del rispetto per tutti, da sempre cosmopolita; custodisce il fascino che emana l’amore di Giulietta e Romeo immortalato da Shakespeare; è uno scrigno di opere d’arte di fama internazionale. Soprattutto Verona conserva alta stima della Famiglia istituzione fondata sul matrimonio, nel quale essa riconosce la radice profonda e sana della sua cultura civile e persino del suo successo economico, di cui la famiglia coesa è sempre stata perno e volano. E a tutt’oggi ne va umilmente fiera.

In qualità di Vescovo, successore degli Apostoli, in comunione con papa Francesco e il Collegio episcopale, custode e garante dell’autenticità e dell’integrità del patrimonio della fede cristiana, desidero aggiungere un pensiero che focalizzi l’origine primordiale e il valore perenne della Famiglia istituzione, quale emerge dalla Sacra Scrittura e da tutto il Magistero della Chiesa, sigillato dalla Esortazione post sinodale di papa Francesco “Amoris laetitia” e ribadito dal suo intervento a Loreto, lunedì 25 marzo u.s., con esplicito richiamo al matrimonio fra un uomo e una donna. Permettetemi di citarne il fulcro: “Nella delicata situazione del mondo odierno, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna assume un’importanza e una missione essenziali. È necessario riscoprire il disegno tracciato da Dio per la famiglia, per ribadirne la grandezza e l’insostituibilità a servizio della vita e della società”.

La Famiglia è l’opera d’arte di Dio, in funzione della quale ha senso l’universo cosmico. Dio è l’Autore della Famiglia, che ha creato a sua immagine e somiglianza, cioè Relazione di Amore Fecondo! Una meraviglia al superlativo, di fronte alla quale lo stesso Creatore è rimasto affascinato: “E Dio vide quanto aveva fatto; ed ecco, era cosa molto buona” (Gn 1,31): davvero degna di Dio, il suo gioiello! Dio solo, in quanto Creatore, conosce fino in fondo, e nella sua Parola l’ha svelata a noi, la realtà e le potenzialità della Famiglia, che ha voluto come fondamento di una società ad alto quoziente di civiltà. L’ha progettata e realizzata così: maschio e femmina capaci di fecondità generativa: “Siate fecondi e moltiplicatevi” (Gn 1,28). Nella Rivelazione biblica l’essere umano è maschio e femmina, di assoluta pari dignità, complementari, uno il corrispondente dell’altro, uno la risposta all’altro (di qui il termine sposi!), liberamente scelti per essere e vivere uno nell’altro, uno per l’altro, aperti alla trasmissione generosa e responsabile della vita ai figli, tesoro loro e futuro della società. Questo stesso fatto evidenzia che ogni “figlio” ha diritto di nascere da un “papà” e da una “mamma”, chiamati a prendersi cura di lui come nessun altro, poiché è di loro primariamente che un figlio ha necessità vitale, della loro presenza, del loro amore fedele, e di sentirsi qualcuno ai loro occhi, ai fini del senso stesso del suo vivere. Un figlio è sempre un grido esistenziale all’unità del papà e della mamma, perché nel suo DNA porta i cromosomi di entrambi. Un figlio è il papà e la mamma nel loro sublime momento affettivo unitivo. Questa è la Famiglia quale risulta dal progetto di Dio, con il suo DNA: non la cosiddetta famiglia “tradizionale” o “moderna progressista”, concettualizzazioni umane storicistiche, ma la Famiglia originale perché originaria, naturale, sacra, divina, perennemente moderna, doc, laica, cioè pienamente umana, non confessionale. Nel suo essere Istituzione naturale è la forma di società civile più accreditata dalla stessa natura umana e sempre la più avanzata perché la più autentica, culla naturale della vita, generatrice di civiltà in quanto prima e insostituibile scuola autorevole di educazione ai valori civili, humus fecondissimo di umanità; è una riserva di “staminali” per la salute civile di una società. E non mi inoltro nell’altro capitolo della Famiglia, quella nata dal Sacramento del Matrimonio, che ci porterebbe su più alte vette.

Auspico che questo Congresso internazionale sulla Famiglia, svolto in un dialogo sereno e obiettivo, fondato su argomentazioni razionali, mai polemico e ideologizzato, sia ricordato per il suo significativo contributo a far riscoprire la Famiglia come valore imprescindibile, dentro il quale ognuno, anche in situazioni di fragilità, si senta vitalmente al sicuro, come nel grembo materno. Perché la famiglia è essenzialmente madre che genera figli di cui si prende cura premurosa. Senza famiglia la società non ha futuro. Una società che considera la famiglia perno e volano si pone nella condizione di affrontare con responsabilità tutte le sue criticità.

Ribadisco l’auspicio che questo Congresso sappia mantenersi sempre di alto profilo, restando entro il quadro del patrimonio valoriale che caratterizza la Famiglia, senza prestare il tallone d’Achille a chi altro non aspetta che motivi di accesa polemica. Si proponga di far convergere sulla Famiglia significativi contributi di pensiero e proposte di carattere sociale, culturale, legislativo e amministrativo. Ne hanno bisogno le famiglie, a partire da quelle in stato di particolare sofferenza e fragilità, per disoccupazione, per le preoccupazioni che riguardano il futuro dei figli, o per la presenza di membri segnati da gravi disabilità. Nessuna famiglia sia lasciata in balia di se stessa, emarginata iniquamente.

Proprio l’annuncio della forza umanizzante della vocazione al matrimonio e alla famiglia, pur in una cultura della non famiglia, è una premessa necessaria per far ridestare nei coniugi che fossero in crisi relazionale la voglia e la volontà di riscoprirsi sposi nell’atto stesso in cui riaccendono la coscienza dell’essere genitori; e nel contempo per far suscitare nelle nuove generazioni un motivato desiderio di famiglia, a cui prepararsi a lungo con una adeguata formazione al senso dell’amore autentico e della responsabilità. Soprattutto la testimonianza fino all’eroismo di famiglie riuscite sarà per loro di stimolo efficace al fine di scoprire la bellezza della sua armonia compositiva relazionale, pur nei suoi inevitabili travagli; la fragranza dei suoi contenuti valoriali; la sua forza prorompente nell’affrontare insieme le dure prove della vita e la sua vitalità di nucleo essenziale e anima di una società davvero civile. Bellezza, fragranza, forza e vitalità incarnate in famiglie concrete. È questo un obiettivo di grande respiro, proprio di un Congresso internazionale sulla Famiglia. Da annali della Famiglia.

Concludo con una confidenza. Prima di riposarmi alla sera e appena alzato da letto al mattino (alle ore 5), invio sempre una speciale benedizione a tutte le famiglie della diocesi, specialmente a quelle in situazione di criticità, e a quanti hanno il dovere di essere benedizione provvidenziale nei confronti delle famiglie che, in se stesse, sono la grande e solenne benedizione di Dio sull’umanità del nostro tempo. Buon Congresso.

 

Monsignor Giuseppe Zenti
Vescovo di Verona

Un pensiero su “Monsignor Giuseppe Zenti: “Ogni figlio ha diritto di nascere da un papà e da una mamma””
  1. Bella la sua Lettera, mons Vescovo, alla quale mi permetto ai aggiungere qualche osservazione.
    Lo faccio con tutto rispetto, rifiutando in partenza di essere classificato tra gli “eccessivamente progressisti” o tra gli “eccessivamente tradizionalisti”, un modo di giudicare il clero e i fedeli citato nella presentazione (non sua) che ritengo del tutto sommario e superficiale. Una moda insomma.
    Le dirò che:
    1 – La sintesi sulla sua persona e sul suo ministero con la quale lo hanno presentato (non sua) non era necessaria; a me (posso sbagliarmi ma è mia impressione) è parsa avere velatamente il tono di una benevola giustificazione per le critiche e la sua sostanziale assenza dal Congresso. Non era necessaria così dettagliata e con descritte le sue benemerenze, che del resto conosciamo.
    2 – La Lettera (la vedo pubblicata il 2 aprile) è bella ma decisamente fuori tempo massimo. Andava letta in Congresso, non importa se prendendosi qualcuna delle tante critiche che hanno dovuto subire gli organizzatori e i relatori che hanno sostenuto le sue stesse opinioni. “Soffri anche tu insieme a me per il Vangelo” scriveva l’Apostolo a Timoteo.
    3 – Se la Lettera è concordata con tutti i confratelli Vescovi, è mai possibile che nessuno abbia avuto il tempo e il modo di farsi presente al Congresso? neppure Lei? e che dire della mancanza almeno di un Messaggio del Papa al Congresso? L’assenza totale dei Pastori mi ha amareggiato. Io non vi ho visti, e se dite che c’eravate, eravate invisibili.
    4 – Un’ultima considerazione. Al Congresso si è parlato del dramma della denatalità. La responsabilità non è ovviamente di Dio ma nostra. Dobbiamo generare figli, e sappiamo come: ricorrendo all’amore di papà e mamma, luogo dell’Amore fecondo di Dio, certo non a preservativi e affitti. Eppure diversi Pastori e Teologi propongono “nuovi paradigmi interpretativi” e invitano ad “aprirsi” alla contraccezione, famiglie innaturali e altro. Mi dica allora: e la crisi delle vocazioni sacerdotali e religiose, altrettanto grave denatalità del grembo della Chiesa, come va affrontata? Rinnovando l’Amore a Dio caratteristico del celibato sacerdotale oppure “aprendosi” alla nuova pastorale delle chiese trasformate in pizzerie, delle liturgie creative, alla doppia vocazione dei sacerdoti (matrimonio e sacerdozio) o ai “pastori e pastore di altre confessioni” cristiane? Pensate di vincere la sterilità del grembo della Chiesa e ridonarle la sua maternità ricorrendo a soluzioni suggerite dal calcolo numerico?
    Il tutto, mi creda, mosso dall’amore alla Chiesa e al rispetto per i Pastori, ma anche da quella schiettezza che il Papa stesso desidera in quanto “parresia dello Spirito”. Chiedo venia per la lunghezza.

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