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Il giornale francese Le Figaro ha pubblicato un manifesto, firmato da cento intellettuali, contro il nuovo totalitarismo islamista. 

Ecco il testo:

Siamo cittadini con opinioni diverse e molto spesso opposte che si sono trovati d’accordo nell’esprimere, al di fuori di ogni attualità, la propria inquietudine di fronte al crescere dell’islamismo. Non sono le nostre affinità a unirci ma la sensazione che un pericolo minacci la libertà e non solo quella di pensiero. Ciò che ci unisce oggi è più importante di ciò che certamente ci separerà domani.

Il nuovo totalitarismo islamista cerca di guadagnare terreno con ogni mezzo e di passare per una vittima dell’intolleranza. È stato possibile osservare questa strategia qualche settimana fa, quando il sindacato degli insegnanti SUD Éducation 93 ha proposto uno stage di formazione comprensivo di laboratori di riflessione sul “razzismo di Stato” vietati ai “bianchi”. Alcuni animatori erano membri o simpatizzanti del Collectif contre l’islamophobie en France e del Parti des indigènes de la République. Esempi di questo tipo si sono moltiplicati negli ultimi tempi. Abbiamo anche appreso che il miglior modo di combattere il razzismo consisterebbe nel separare le razze. Se questa idea ci offende è perché siamo repubblicani.

Sentiamo anche dire che, dal momento che le religioni in Francia sono oggetto di scherno da parte di una laicità “strumentalizzata”, è necessario garantire alla religione minoritaria, vale a dire l’islam, un posto speciale affinché cessi di essere umiliata. E ancora: sembra che coprendosi con un velo le donne si proteggano dagli uomini e che segregarle permetterebbe loro di emanciparsi.

Il punto comune di questi proclami sta nel pensare che il solo modo di difendere i “dominati” (non è un termine nostro ma quello usato da SUD Éducation 93) consisterebbe nel separarli dagli altri e nel concedere loro dei privilegi.

Non molto tempo fa, l’apartheid regnava in Sudafrica. Fondata sulla segregazione dei neri, voleva mettersi la coscienza in pace creando dei bantustan in cui era concessa ai neri un’autonomia fittizia. Un sistema che fortunatamente è scomparso.

Ed ecco che oggi è un apartheid di nuovo tipo che viene proposto in Francia, una segregazione al contrario grazie alla quale i “dominati” preserverebbero la loro dignità mettendosi al riparo dai “dominanti”.

Ma questo significa che una donna che si tolga il velo ed esca per strada sarebbe una preda? Significa che una “razza” che frequenti le altre sarebbe umiliata? Significa che una religione che accetti di essere una tra le altre perderebbe la faccia?

E i francesi musulmani, o di cultura musulmana ma non credenti, che amano la democrazia e vogliono vivere con tutti? L’islamismo ha previsto di segregare anche loro? E le donne che rifiutano di essere segregate: chi deciderà per loro? E gli altri, quelli che apparentemente non meritano di essere protetti: saranno rinchiusi nel campo dei “dominanti”?

Tutto ciò va contro quanto è stato fatto in Francia per garantire la pace civile. Da molto tempo, l’unità del paese è stata fondata sull’indifferenza rispetto ai particolarismi che potrebbero essere causa di conflitto. Ciò che viene chiamato universalismo repubblicano non consiste nel negare sesso, razza o religione ma nel definire lo spazio pubblico indipendentemente da questi aspetti affinché nessuno ne sia escluso. E come non vedere che la laicità tutela anche le religioni minoritarie? Metterla in pericolo ci espone al ritorno delle guerre di religione.

A cosa può dunque giovare questo segregazionismo di nuovo tipo? Deve solo permettere ai sedicenti “dominati” di salvaguardare la loro purezza vivendo distaccati dagli altri? Il suo scopo non è soprattutto quello di affermare la secessione dalla comunità nazionale, dalle sue leggi e dai suoi costumi? Non è espressione dell’odio più caratteristico nei confronti del nostro paese e della democrazia?

Che ciascuno viva sotto la legge della propria comunità o casta e nel disprezzo di quella degli altri, che ciascuno non sia giudicato che dal proprio gruppo, è contrario allo spirito della Repubblica. Questa è stata fondata sul rifiuto dei diritti privati applicati a categorie specifiche ed esclusive, sull’abolizione dei privilegi. Le stesse leggi per tutti, ecco cosa al contrario ci garantisce la Repubblica. Ciò che semplicemente va sotto il nome di Giustizia.

Il nuovo separatismo avanza sotto mentite spoglie. Vuole apparire benigno ma in realtà è l’arma di conquista politica e culturale dell’islamismo. L’islamismo vuole la separazione perché rifiuta gli altri, compresi i musulmani che non condividono le sue idee. L’islamismo detesta la sovranità democratica perché questa gli nega ogni legittimità. L’islamismo si sente umiliato quando non domina.

Accettare tutto ciò è fuori discussione. Noi vogliamo vivere in un mondo completo in cui i due sessi si guardano senza sentirsi insultati dalla presenza dell’altro. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui le donne non siano giudicate inferiori per natura. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui le persone possano frequentarsi senza avere paura le une delle altre. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui nessuna religione detti legge.

Firmatari:

Waleed al-Husseini, écrivain
Arnaud d’Aunay, peintre
Pierre Avril, universitaire
Vida Azimi, juriste
Isabelle Barbéris, universitaire
Kenza Belliard, formatrice
Georges Bensoussan, historien
Corinne Berron, auteur
Alain Besançon, historien
Fatiha Boudjahlat, essayiste
Michel Bouleau, juriste
Rémi Brague, philosophe
Philippe Braunstein, historien
Stéphane Breton, cinéaste, ethnologue
Claire Brière-Blanchet, reporter, essayiste
Marie-Laure Brossier, élue municipale
Pascal Bruckner, écrivain
Eylem Can, scénariste
Sylvie Catellin, sémiologue
Gérard Chaliand, écrivain
Patrice Champion, ancien conseiller ministériel
Brice Couturier, journaliste
Éric Delbecque, essayiste
Chantal Delsol, philosophe
Vincent Descombes, philosophe
David Duquesne, infirmier libéral
Luc Ferry, philosophe, ancien ministre
Alain Finkielkraut, philosophe, écrivain
Patrice Franceschi, écrivain
Renée Fregosi, philosophe
Christian Frère, professeur
Claudine Gamba-Gontard, professeur
Jacques Gilbert, historien des idées
Gilles-William Goldnadel, avocat
Monique Gosselin-Noat, universitaire
Gabriel Gras, biologiste
Gaël Gratet, professeur
Patrice Gueniffey, historien
Alain Guéry, historien
Éric Guichard, philosophe
Claude Habib, écrivain, professeur
Nathalie Heinich, sociologue
Clarisse Herrenschmidt, linguiste
Philippe d’Iribarne, sociologue
Roland Jaccard, essayiste
Jacques Jedwab, psychanalyste
Catherine Kintzler, philosophe
Bernard Kouchner, médecin, humanitaire, ancien ministre
Bernard de La Villardière, journaliste
Françoise Laborde, journaliste
Alexandra Laignel-Lavastine, essayiste
Dominique Lanza, psychologue clinicienne
Philippe de Lara, philosophe
Josepha Laroche, universitaire
Alain Laurent, essayiste, éditeur
Michel Le Bris, écrivain
Jean-Pierre Le Goff, philosophe
Damien Le Guay, philosophe
Anne-Marie Le Pourhiet, juriste
Barbara Lefebvre, enseignante
Patrick Leroux-Hugon, physicien
Élisabeth Lévy, journaliste
Laurent Loty, historien des idées
Mohamed Louizi, ingénieur, essayiste
Jérôme Maucourant, économiste
Jean-Michel Meurice, peintre, réalisateur
Juliette Minces, sociologue
Marc Nacht, psychanalyste, écrivain
Morgan Navarro, dessinateur
Pierre Nora, historien, éditeur
Robert Pépin, traducteur
Céline Pina, essayiste
Yann Queffélec, écrivain
Jean Queyrat, réalisateur
Philippe Raynaud, professeur de sciences politiques
Robert Redeker, écrivain
Pierre Rigoulot, historien
Ivan Rioufol, journaliste
Philippe San Marco, auteur, essayiste
Boualem Sansal, écrivain
Jean-Marie Schaeffer, philosophe
Martine Segalen, ethnologue
André Senik, enseignant
Patrick Sommier, homme de théâtre
Antoine Spire, vice-président de la Licra
Wiktor Stoczkowski, anthropologue
Véronique Tacquin, professeure, écrivain
Pierre-André Taguieff, politologue
Maxime Tandonnet, auteur
Sylvain Tesson, écrivain
Paul Thibaud, essayiste
Bruno Tinel, économiste
Michèle Tribalat, démographe
Caroline Valentin, essayiste
David Vallat, auteur
Éric Vanzieleghem, documentaliste
Jeannine Verdès-Leroux, historienne
Emmanuel de Waresquiel, historien
Ibn Warraq, écrivain
Yves-Charles Zarka, philosophe
Fawzia Zouari, écrivaine

Un pensiero su “Cento intellettuali francesi contro il nuovo totalitarismo islamista”

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