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Il neuropsichiatra Massimo Gandolfini (Comitato Difendiamo i nostri figli), ritiene l’approvazione del testo di legge sulle DAT «un altro strappo ai valori antropologici che si fondano sul bene prezioso ed insostituibile della vita, aprendo la strada  all’autodeterminazione per la morte, legittimata e garantita dalla norma pubblica.

Accadrà così che in un Pronto Soccorso, in presenza di un ictus cerebrale o di un arresto cardiaco per infarto, il medico sarà obbligato non già a tentare di salvare il paziente e restituirgli la salute, bensì – in primis – a conoscere se e dove questi abbia scritto e depositato le sue DAT … poi, semmai, a prendersi cura di lui.
E non avrà miglior sorte un neonato grande prematuro, per il quale chi “gestirà la potestà genitoriale” avrà la possibilità di pretendere che non venga alimentato per via artificiale, in previsione di possibili disabilità. E se il medico fosse contrario, si ricorrerà al giudice: ancora una volta sarà un giudice a decidere la vita o la morte di un piccolo: Proprio come è accaduto a Londra al piccolo Charlie, la cui vita – dichiarata per via giurisprudenziale indegna di essere vissuta – è stata uccisa negandogli il sostegno vitale. Questo tragico connubio fra un legislatore che si crede un dio ed un giudice che non gli è da meno è tutto a scapito del vero bene del malato. Di questo i nostri concittadini devono essere ben consapevoli. L’intera tradizione medica ippocratica viene cancellata con un colpo di spugna. Il virtuoso richiamo ad agire sempre per il bene del paziente, su cui ancora oggi i medici italiani giurano, secondo “scienza e coscienza”, è annullato per legge: il medico è obbligato a dare esecuzione a volontà altrui, scritte in momenti in cui il paziente non è per nulla malato e semplicemente “vagheggia” su ciò che gli potrebbe accadere. E tutti sappiamo bene quanto ci corre fra realtà vissuta e fantasia immaginata!».

Per il professor Gandolfini le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) «prendono così il sopravvento sulle decisioni di chi ha dedicato anni e anni di studi e di sacrifici per tutelare la salute e salvare, nei limiti del possibile, vite umane. Oltre alla drammatica beffa che fa del medico un banale esecutore di altrui “disposizioni” vincolanti, si aggiunge il danno di vedersi negato perfino il più elementare e naturale dei diritti: l’obiezione di coscienza. Coscienza. Una parola che fa paura soltanto ai dittatori e ai disonesti. Forse perché con le loro azioni testimoniano di averne davvero poca, e quel giudicare “secondo scienza e coscienza” – su cui da millenni si regge la medicina e l’alleanza di cura medico/paziente – suona intollerabile alle orecchie di chi vuole servire ideologie prive anche del solo minimo buon senso. Si pensa così di far cassetto elettorale, ma attenzione perché “ce ne ricorderemo”».

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