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La Fede Quotidiana ospita l’ultimo breve commento di Matteo Orlando* alle liturgie (Liturgia delle Ore e Liturgia della Parola) di Quaresima.

La Fede Quotidiana ringrazia il giovane teologo Orlando per tutti i commenti che ci hanno accompagnato in questo periodo forte dell’anno liturgico.

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Nella liturgia di oggi, 24 Marzo 2018, sabato della V settimana di Quaresima, la Chiesa ci ricorda che Nostro Signore Gesù Cristo con la sua morte e risurrezione ha riunito insieme i figli di Dio che erano dispersi.

Scrive san Giovanni (Gv 11,45-56): «In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, la risurrezione di Làzzaro, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: “Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione”. Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”. Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: “Che ve ne pare? Non verrà alla festa?”».

Il sommo sacerdote “profetizzò” che la morte di un solo uomo era preferibile alla schiavitù dell’intero popolo. Trent’anni dopo, la “profezia” di Caifa avrebbe avuto un senso molto reale, quando i Romani sarebbero giunti a disperdere l’intero popolo e a distruggere il tempio.

Il santo vescovo Gregorio Nazianzeno nel suo «Discorso 45» scrive: «Offriamo a Dio un sacrificio di lode sull’altare celeste insieme ai cori degli angeli. Superiamo il primo velo del tempio, accostiamoci al secondo e penetriamo nel “Santo dei santi”. E più ancora, offriamo ogni giorno a Dio noi stessi e tutte le nostre attività. Facciamo come le parole stesse ci suggeriscono. Con le nostre sofferenze imitiamo le sofferenze, cioè la passione di Cristo. Con il nostro sangue onoriamo il sangue di Cristo. Saliamo anche noi di buon animo sulla sua croce. Dolci sono infatti i suoi chiodi, benché duri. Siamo pronti a patire con Cristo e per Cristo, piuttosto che desiderare le allegre compagnie mondane. Se sei Simone di Cirene prendi la croce e segui Cristo. Se sei il ladro e se sarai appeso alla croce, se cioè sarai punito, fai come il buon ladrone e riconosci onestamente Dio, che ti aspettava alla prova. Egli fu annoverato tra i malfattori per te e per il tuo peccato, e tu diventa giusto per lui. Adora colui che è stato crocifisso per te. Se vieni crocifisso per tua colpa, trai profitto dal tuo peccato. Compra con la morte la tua salvezza, entra con Gesù in paradiso e così capirai di quali beni ti eri privato. Contempla quelle bellezze e lascia che il mormoratore, del tutto ignaro del piano divino, muoia fuori con la sua bestemmia. Se sei Giuseppe d’Arimatèa, richiedi il corpo a colui che lo ha crocifisso, assumi cioè quel corpo e rendi tua propria, così, l’espiazione del mondo. Se sei Nicodemo, il notturno adoratore di Dio, seppellisci il suo corpo e ungilo con gli unguenti di rito, cioè circondalo del tuo culto e della tua adorazione. E se tu sei una delle Marie, spargi al mattino le tue lacrime. Fa’ di vedere per prima la pietra rovesciata, vai incontro agli angeli, anzi allo stesso Gesù. Ecco che cosa significa rendersi partecipi della Pasqua di Cristo».

Prima della morte, Gesù prega il Padre perché tutti possano essere “uno” come lui con il Padre. Una Pasqua senza Cristo non ha senso. Cosa vogliamo fare di Cristo nella nostra vita?

Lo hanno capito bene i beati (Oscar Arnulfo Romero Galdámez, Bernolfo, Diego Giuseppe da Cadice, Maria Karlowska, Simonino di Trento, Bertrada di Laon, Giovanni Dal Bastone) e i santi (Caterina di Svezia, Aldemaro di Bucchianico, Timolao, Dionigi, Pauside, Alessandro, Romolo e Alessandro, Secondino, Mac Cairthind, Severo di Catania) ricordati oggi.

Consapevoli che Dio ci ama teneramente e in lui è il potere di cambiare il lutto in gioia e di trasfigurare in pienezza la nostra vita, auguro a tutti i lettori de LA FEDE QUOTIDIANA i migliori auguri di BUONA PASQUA.

*Matteo Orlando, laurea in Giurisprudenza e Licenza in Teologia Spirituale, è giornalista pubblicista e autore dei volumi Faithbook: La fede cattolica nel tempo dei conigli e Sotto attacco: La scure di revisionisti e censori sui beati e i santi.

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