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arton40376-75479Don Vitaliano Della Sala, parroco avellinese noto per le sue posizioni molto vicine ai no global, ha sistemato nella sua chiesa, in vista del Natale, un presepe sui generis: Gesù bambino, infatti, nasce in un gommone, proprio come i profughi che scappano dalle guerre. Ai piedi del gommone, una grande foto del piccolo Aylan, il bambino siriano morto mentre cercava di raggiungere, con la famiglia, una vita migliore. Ecco come don Vitaliano ha spiegato la sua scelta.

Di fronte alla triste vicenda delle migliaia di profughi che scappano dalla guerra e dalla fame, e troppo spesso annegano nel Mediterraneo, ci viene voglia di girarci dall’altra parte o cambiare canale: perché rovinarci il Natale per difendere i diritti di gente che non conosciamo nemmeno? “Ma – ed è il profeta Geremia a parlare – nel mio cuore c’è come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzo di contenerlo, ma non posso”, un fuoco che ci fa gridare di rabbia e ci interpella su quanto noi viviamo veramente il cristianesimo; un fuoco che ci deve far riflettere su quanto anche noi siamo responsabili della morte per asfissia e stenti di tanti, troppi fratelli e sorelle.

Mi sono confrontato a lungo con i documenti del Magistero della Chiesa, con un insegnamento che non tentenna nell’affermare l’assoluta priorità per il cristiano di farsi prossimo a chi non ha prossimo. E, in questo particolare momento storico, chi è più privo di prossimo dei fratelli immigrati, sradicati dalla loro terra, lontani dalla patria e dagli affetti? Accettare fino in fondo il Vangelo e l’insegnamento della Chiesa ci deve portare a denunciare fermamente l’imperante ondata di razzismo e ci deve far andare controcorrente.

Infondo Abramo, Mosè e Giosuè, i padri dell’ebraismo, e dunque padri anche del cristianesimo, furono degli “immigrati” nella Terra promessa. E sappiamo bene che Pietro, duemila anni fa, giunse a Roma, riuscendo a fondarvi la Chiesa: oggi, forse, se pure gli fosse riuscito di raggiungere vivo la città eterna – e di non crepare asfissiato nella stiva di qualche nave – verrebbe espulso come clandestino. E non è superfluo ricordare che se la morente civiltà romana passò le consegne alla nuova civiltà cristiana, questo fu possibile anche grazie agli afflussi dei popoli “barbari” che ruppero gli argini dell’Impero e si mescolarono alle razze autoctone ponendo le prime basi di quel processo storico sfociato nella civiltà moderna. La civiltà moderna ha ceduto il passo a quella postmoderna, l’Europa è vecchia e la sua popolazione si avvia inesorabilmente alla quasi estinzione. Il cosiddetto Terzo mondo preme alle porte dell’Occidente ricco e minoritario. L’Italia, per la sua posizione geografica, è testa di ponte in questo processo migratorio.

La storia procede anche senza di noi, si potrebbe in un certo senso affermare: le migrazioni sono inarrestabili ed è una forma di grande miopia storica cercare di opporsi a questo fenomeno. Trincerarsi dietro la difesa della propria razza, gonfiare il pregiudizio razzista, illudersi che sia un bene che i cosiddetti extracomunitari restino nei paesi di origine non è solo come molto spesso accade pura mancanza di umanità, ma nasconde la volontà di chiudersi al futuro, di rifiutarsi alla nascita del nuovo che è possibile soltanto se ognuno non rimane a casa sua, se dall’accoglienza nasce la mescolanza e la fusione. E’ molto più saggio e lungimirante vivere questo momento come una grande opportunità storica, prendendo parte attiva alla nascita di un nuovo mondo, multietnico e colorato, tollerante e ricco nella diversità.

Accoglieremo tutte le sorelle e tutti i fratelli “clandestini” che vorranno farci dono della loro presenza, e attraverso loro accoglieremo Dio stesso che ci fa il dono della sua visita: è giunta l’ora di rivendicare il nostro diritto ad essere antirazzisti, uscendo allo scoperto con la stella di Davide cucita sulla giacca pur senza essere ebrei, dichiarandoci idealmente siriani o afghani pur essendo nati in Italia e tutto questo semplicemente perché siamo esseri umani e cristiani.

Cari fratelli e sorelle migranti, è iniziato il giubileo universale degli esclusi e dei dimenticati: l’anno di grazia in cui viene annunziato ai poveri un lieto messaggio. Perciò vi invito a restare in Italia perché non è vero che venite a rubarci il posto di lavoro, perché non è vero che siete troppi, tanto da non poter essere integrati nel nostro tessuto sociale. Vi invito a restare in Italia perché in ogni caso avete qualcosa da regalarci, perché se restate, potete aiutare questo paese a cambiare, perché non ci sono soltanto quelli che non vi vogliono; per fortuna, ci sono tanti che sono contenti di avervi tra noi e non vedo per quale motivo debba comunque prevalere il razzismo. Rimanete in Italia se questo è il posto in cui vi piace vivere, perché i confini territoriali, l’idea di patria e di nazione fanno parte del passato: siamo tutti, egualmente, cittadini del mondo.

Madre Teresa di Calcutta chiedeva alle sue sorelle di dormire per terra, perché così avrebbero potuto far propria l’urgenza del disagio di quelli non hanno dove dormire: non scoraggiatevi, anche in Italia ci sono tante persone che se non dormono proprio per terra come le sorelle di Calcutta, sarebbero tuttavia davvero felici di stringersi un po’ per farvi posto.
Buon Natale

2 pensiero su “Avellino, Gesù nasce in un gommone come i profughi”

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