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La Fede Quotidiana ospita il breve commento del giovane teologo Matteo Orlando* alle liturgie (Liturgia delle Ore e Liturgia della Parola) di mercoledì 7 febbraio 2018.

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Nostro Signore Gesù Cristo oggi ci dice che la vera via della libertà nasce da un cuore purificato e docile allo Spirito Santo e il santo timor di Dio ci apre il cuore agli altri. Dopo aver dichiarato puri tutti gli alimenti commestibili, dal Figlio di Dio ci arriva un insegnamento chiaro: «dal cuore degli uomini escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Il santo vescovo Ambrogio, in una sua lettera (la 35) scrive: «I fedeli, che possiedono le primizie dello Spirito, gemono interiormente aspettando l’adozione a figli. L’adozione a figli è la redenzione di tutto il corpo mistico. Si verificherà quando esso vedrà Dio, sommo ed eterno bene, quasi fosse tutto suo figlio adottivo. L’adozione a figli si ha però già ora nella Chiesa del Signore poiché già ora lo Spirito grida: “Abbà, Padre!”, come si legge nella lettera ai Galati (Gal 4,6). Ma essa sarà perfetta solamente quando tutti quelli che meriteranno di vedere il volto di Dio risorgeranno incorruttibili, splendidi e gloriosi. Allora la creatura umana potrà dirsi davvero liberata».

Siamo eredi di Dio e coeredi di Cristo: se partecipiamo alle sue sofferenze saremo con lui nella gloria. Inoltre, alla luce del Signore vediamo la luce e riceviamo il dono della saggezza, come il re Salomone della prima lettura di oggi.

I cristiani, figli della luce, che si fanno umilmente guidare da Dio nel loro cammino, diventano operatori di verità e testimoni del Suo vangelo.

Preghiamo perché gli educatori, gli operatori della comunicazione e coloro che diffondono i loro pensieri sui social network chiedano il dono della saggezza a Dio, il parere ad ogni persona che sia saggia e non ne disprezzino nessun buon consiglio…

Tra i beati e i santi che si festeggiano oggi c’è il Beato Anselmo Polanco, di cui ho tracciato una breve biografia nel mio libro “Sotto Attacco”. Ve la propongo:

Nato a Buenavista de Valdavia (Palencia) nel 1881, Anselmo Polanco entrò a soli 15 anni nell’Ordine Agostiniano; a 16 anni emise i primi voti e a 23 anni celebrò la prima messa, nel 1904. Dal 1913 fino al 1923 insegnò teologia a La Vid. Il 26 ottobre 1921 ottenne il dottorato in teologia. Nel 1923 venne nominato Priore di Valladolid. Nel 1929 si trasferì nelle Filippine, presso la provincia del Santissimo Nome di Gesù. Nominato Provinciale nel 1932, fece visita in diversi paesi in cui lavorano i suoi religiosi: Cina, Stati Uniti, Colombia e Perù. Il 21 giugno 1935 Pio IX lo nominò vescovo di Teruel e amministratore apostolico di Albarracín. Il 7 ottobre successivo fece l’ingresso in diocesi, salutando i fedeli con le profetiche parole: «Sono venuto per dare la vita per le mie pecore». Giunto a Teruel, incontrò un sacerdote di spiccata formazione, retta coscienza, grande esperienza pastorale e di fede profonda: Filippo Ripoll, che diventa il suo Vicario Generale. Dopo lo scoppio della guerra civile Teruel divenne una delle città più martoriate della Spagna. Il vescovo Anselmo Polanco, un uomo affabile e disponibile, divenne ben presto il Padre che avvicinava e si lasciava avvicinare da tutti i bisognosi, soccorrendo con tutti i mezzi possibili i poveri ed i malati, visitandole periferie della città per rendersi conto delle classi più disagiate e lasciando elemosine nei casi di maggiore necessità. Ai diversi inviti per trasferirsi altrove rispose: “non posso abbandonare il gregge solo perché il lupo sta girando nei pressi dell’ovile”. Per contro, lasciò i sacerdoti liberi di partire dal capoluogo. Durante gli attacchi delle forze nemiche ed i bombardamenti Polanco si recò senza indugi a visitare gli ospedali, si preoccupò dell’assistenza spirituale dei malati e dei degenti, in più di una occasione si privò di cibo e di acqua per destinarli ai più bisognosi. Nel 1937 pose il suo nome in calce alla lettera collettiva dell’episcopato spagnolo che portò davanti all’opinione pubblica le origini e gli orrori della guerra in corso e la persecuzione social-comunista di cui la Chiesa era vittima. Firmò così praticamente la sua condanna a morte. L’8 gennaio del 1938 Polanco uscendo dal seminario, ormai ridotto in macerie dopo un lungo assedio, di fronte ad un gruppo di sacerdoti si consegnò agli occupanti. Fatto prigioniero, affrontò forti pressioni per ritirare la sua firma dalla «Lettera collettiva». Ma, in compagnia del suo vicario generale Filippo Ripoll, sopportò con pazienza i patimenti della vita carceraria (per ben 13 mesi). Quando la guerra stava per finire il santo vescovo, insieme al suo fedele Ripoll, venne fucilato e poi dato alle fiamme e gettato in un burrone denominato Can Tretze, nei pressi di Pont de Molins (Gerona). II 1° ottobre 1995, Anselmo Polanco e Filippo Ripoll sono stati proclamati beati da Papa Giovanni Paolo II.

 

*Matteo Orlando, laurea in Giurisprudenza e Licenza in Teologia Spirituale, è giornalista pubblicista e autore dei volumi Faithbook: La fede cattolica nel tempo dei conigli e Sotto attacco: La scure di revisionisti e censori sui beati e i santi

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