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È di questi giorni la dichiarazione del principe Harry riguardo la scelta, sua e di Meghan, di avere al massimo due figli allo scopo di salvare il pianeta. Con questa dichiarazione il principe inglese si inserisce fra le fila di coloro che, da parecchi anni ormai, asseriscono la necessità di diminuire le nascite come soluzione principale all’emergenza climatica.

Ma sarà davvero così?

Sono numerosi oggi coloro che affermano di partecipare al cosiddetto “birthstrike” – letteralmente “sciopero delle nascite” – movimento di giovani donne che si rifiutano di mettere al mondo figli visto il futuro che le Greta Thunberg di turno ci prospettano come inevitabilmente incerto.

Leggendo i vari articoli a riguardo e le dichiarazioni delle donne che hanno deciso che i figli non possono vivere in questo mondo pazzo e inquinato, mi sono accorta che la causa scatenante di questa scelta è sempre una: l’angoscia, che è l’annullamento della speranza.

Scrive così Elisabetta Ambrosi su Il Fatto Quotidiano il 16 luglio scorso:

«Ammetto che questa paura da qualche tempo […] ha preso piede nella mia vita. E ha avuto conseguenze molto concrete: non solo ha spazzato via la possibilità di un terzo figlio, ma mi ha anche creato angosce prima sconosciute nei confronti dell’esistenza dei mie due piccoli figli».

E continua

«l’angoscia climatica porta all’estremo alla fine della speranza, ma la fine della speranza è la fine di tutto».

Quando poi consiglia alle coppie intente ad avere figli di mandare questi (meglio se uno solo però) in Paesi dove il clima è più benevolo, aggiunge:

«e chi se ne importa dell’inverno demografico italiano, il problema non è vostro, è strutturale».

Appare il 3 marzo di quest’anno su Elle un articolo con la dichiarazione di Blythe Pepino, fondatrice del suddetto movimento “birthstrike”, la quale «pensava seriamente di volere dei figli, poi ha riflettuto sul mondo di oggi e ha cambiato idea», rendendosi conto che «l’idea di mettere al mondo dei bambini in una realtà colpita dal cambiamento climatico la stava angosciando».

Potrei continuare ma quello che importa qui è che queste dichiarazioni perdono di vista un nodo centrale della questione ecologica. Il tema ecologico è anche un tema antropologico. Oggi si sta affermando sempre più un pensiero che non considera l’uomo e la natura secondo il disegno creatore e provvidenziale di Dio. L’uomo diventa parte di una comunità di esseri viventi in cui è l’unico, sottolineo l’unico, fattore potenziale di squilibrio e distruzione. Un vero e proprio cancro del mondo che va dunque estirpato.

A un altro livello si dimentica l’aspetto provvidenziale dell’opera di Dio nel creato. L’uomo è certamente chiamato a essere custode del giardino che il Signore gli ha procurato, ma allo stesso tempo non deve dimenticare che tutto si snoda e vive sotto l’opera provvidenziale di Dio che, certamente, non abbandona l’uomo a una catastrofe ambientale incontrovertibile.

Le predizioni catastrofiche sostenute da anni dagli scienziati, affermatesi grazie al successo di teorie come quella di Malthus o di Paul Ehrlich, non si sono mai avverate.

È del 1968 il best seller The Population Bomb (La bomba demografica) di Paul Ehrlich che scatenò il panico convincendo moltissimi che «nei successivi decenni non ci sarebbe stato abbastanza cibo per sfamare l’umanità». Precisazione importante. Le motivazioni addotte dal movimento del “birthstrike” non riguardano solo il cambiamento climatico, ma anche la sovrappopolazione e la mancanza di risorse, le quali non mancano in realtà, come ha sostenuto in passato la dottoressa Sheril Kirshenbaum su The Atlantic, sono soltanto distribuite male sulla superficie terrestre secondo un ordine che predilige pochi e danneggia molti, dal momento che la vera soluzione non è non fare figli ma far sì che le persone cambino «il modo in cui scelgono di vivere». Infine, prendere decisioni così estreme, come quella di non mettere più al mondo figli o di farne nascere al massimo due, come ha dichiarato il principe Harry, si pone sulla scia di un nuovo culto che sta prendendo piede: il culto della Natura.

Qui si pone allora una scelta binaria. O mi affido a Dio e consapevole del mio ruolo nel creato agisco per il Bene del fratello e della terra, ricordandomi sempre che sono strumento nel disegno provvidenziale del Signore. Oppure, in uno spirito eccessivamente allarmista, venero Madre Natura che, piuttosto che potenza creativa, si rivela in realtà una potenza distruttrice.

Di qui lo sciopero della scuola (Greta Thunberg) o quello di procreare, tutte azioni volte all’osannamento della Natura e alla distruzione dell’essere umano. Il ruolo di custode del creato a cui è eletto l’uomo non è assolutamente messo in dubbio. Sì, bisogna fare la raccolta differenziata. Sì, bisogna controllare le emissioni di CO2. Però no, non bisogna idolatrare la natura. No, non si può smettere di fare figli, perché sono loro la più grande risorsa dell’essere umano. Sono il futuro brillante che ci aspetta solo se lo desideriamo vincendo la paura.

ROBERTA CONTE

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