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Ad un anno dalla presentazione di “Convertitevi!”, la Lettera dei vescovi di Sicilia nel venticinquesimo dell’appello lanciato da Giovanni Paolo II da Agrigento, la Facoltà teologica di Sicilia e il centro Studi “Cammarata” hanno proposto un incontro di riflessione.

Pubblichiamo quanto riportato dal sito ufficiale dei vescovi siciliani:

La Chiesa di Sicilia non si senta sola: la sua presenza e il suo impegno contro la mafia è un dono per l’Italia e per il mondo. Le altre diocesi siano vicine e apprendano come affrontare determinate situazioni”. Così mons. Stefano Russo, Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, a Palermo, tornando ad un anno di distanza a parlare delle lettera “Convertitevi!”, presentata nel 25° dell’appello contro la mafia di Giovanni Paolo II. In occasione della giornata di riflessione promossa dalla Facoltà teologica di Sicilia insieme con il Centro studi “A. Cammarata”, il vescovo ha sottolineato la “necessità di diventare esperti di queste malattie che ci sono nel mondo, perché – ha spiegato – noi siamo annunciatori di pace, annunciatori di Gesù Cristo, ma per annunciare Gesù Cristo dobbiamo anche conoscere quanto nel mondo è di lontano da Lui”. L’invito del Segretario della Cei, rivolto al clero ma anche ai fedeli, “ai cristiani tutti”, è stato a “vigilare affinché non si insedino in nessun ambito e nessun ambiente atteggiamenti mafiosi”.

Rileggendo e commentando la lettera dell’episcopato siciliano, lo ha delineato come “prezioso documento che va approfondito” perché “interpella fortemente la Chiesa”. Per mons. Russo, infatti, “la lettera dei vescovi di Sicilia ci spinge ad intervenire senza indugio contro ogni ingiustizia e sopruso: accorcia le distanze con chi vuole convertirsi e le allunga nei confronti di chi non si ravvede”. Lo fa il documento della Conferenza episcopale siciliana e lo fa la Chiesa di Sicilia, con “i suoi uomini e le sue donne, quelli che conosciamo e quelli di cui non sappiamo, ma che operano nella quotidianità con fedeltà evangelica piena”.

Per Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, “il documento dei vescovi dell’Isola non è affatto rituale: trasuda la sofferenza di tanti siciliani, caduti, martiri; è colmo di istanze di cedimento e di paura, ma anche di resistenza; ne fa memoria. Ha la capacità straordinaria di rilanciare una visione cristiana di speranza”. E ha aggiunto: “La riflessione della Chiesa di Sicilia è importante nell’intero mondo dei cristiani, ben al di là della Sicilia, dell’Italia e della stessa Europa, perché è laboratorio ecclesiale e profetico che può essere utilizzato dall’intera umanità”.

Resistenza e amore sono stati due degli elementi sui quali si è soffermato Andrea Riccardi, con l’occhio puntato su don Pino Puglisi e nell’orecchio le parole del compianto vescovo di Monreale, mons. Cataldo Naro. “Lo sappiamo per esperienza di chi ci ha preceduto che questa battaglia si vince con quella forza debole che la Chiesa custodisce: la forza debole dell’amore – ha detto il relatore –, del perdono, dell’impegno per l’uomo, della difesa della dignità. Il Papa,  don Pino Puglisi, la Chiesa – ha detto Riccardi – ci offrono un grande contributo, perché parlare di mafia e di lotta ad essa e alla mentalità mafiosa vuol dire parlare di criticità ma innestandola con la speranza”.

Far risuonare l’appello alla conversione dei mafiosi lanciato 26 anni fa da Giovanni Paolo II dal cuore della Valle dei Templi di Agrigento, e ripreso e riproposto lo scorso anno dai vescovi delle diciotto diocesi di Sicilia significa oggi tracciare i contorni della “resistenza dei cattolici di Sicilia alla criminalità, all’ingiustizia e al sopruso”. Lo hanno evidenziato il preside della Facoltà teologica di Sicilia, Francesco Lo Manto, introducendo il tema di una giornata di riflessione, oggi a Palermo, e la moderatrice Anna Pia Viola, docente della Facoltà. Per entrambi “la mafia non è un ‘problema del Sud’, né un ‘problema al Sud’: è una urgenza pastorale in tutte le Chiese d’Italia”.

Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e gran cancelliere della Facoltà, ha richiamato lo stesso appello, “Convertitevi!” che lo scorso settembre anche Papa Francesco ha ripetuto dal capoluogo siciliano. “Lo ha detto in modo meno perentorio, ma non meno efficace e penetrante, ricordandoci – ha detto il presule – che non possiamo che parlare di mafia in termini evangelici: ne può parlare, allora, una Chiesa che si converte pienamente e nuovamente”. Per l’arcivescovo, “oggi qui si potrebbe realmente ipotizzare una teologia della liberazione dalla mafia: non si può fare teologia e non esiste Vangelo – ha detto mons. Corrado Lorefice – se non c’è la carne degli uomini. La bella notizia raggiunge ci raggiunge nella nostra umanità come liberazione; arriva alla carne ferita, sfigurata, colpita. Allora – ha proseguito – è questo che dobbiamo annunciare per fare lotta cristiana alla mafia. Diciamo ai mafiosi: ‘Tu sei raggiunto da Dio e dalla sua misericordia’. Facciamo loro il discorso del Vangelo. Guardiamoli negli occhi e ripetiamo che per loro c’è conversione, cambiamento di vita, salvezza, certezza di un amore”.

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