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Il Vangelo di Domenica 25 giugno 2023 – XII Domenica per annum
Dal vangelo secondo Matteo 10,26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

COMMENTO DI DON RUGGERO GORLETTI

Il brano del Vangelo di oggi è un brano che gli studiosi definiscono «compilatorio»: mette insieme cioè diversi insegnamenti fatti dal Signore probabilmente in momenti diversi.

Il primo insegnamento: proclamate apertamente il Vangelo. Se leggiamo attentamente il Vangelo, vediamo che Gesù, specialmente agli inizi della sua predicazione, è molto circospetto: non parla subito apertamente, usa le parabole, spesso dice ai suoi discepoli di non divulgare ciò che Egli dice loro. Lo dice perché non vuole essere frainteso, perché teme che il suo messaggio venga travisato, perché ha timore che la gente pensi che Egli sia venuto a risolvere i problemi concreti del vivere: guarire dalle malattie, dare il pane agli affamati, cacciare l’occupante romano da Israele.

Ma questa attenzione che il Signore ha avuto agli inizi del suo ministero non ha ragion d’essere dopo la sua morte e resurrezione. Dopo la venuta dello Spirito Santo, che come dice Gesù «ci insegnerà ogni cosa» (Gv 14,26), le cose sono chiare. Il Signore non vuole una Chiesa timida, nascosta, che per timore di dispiacere al mondo occulti, o renda meno scomode, le verità che il Signore le ha consegnato. Egli  non vuole una Chiesa timida, che non vuole dei discepoli che si limitino a ripetere, magari sottovoce, i luoghi comuni del pensiero corrente. Non c’è nulla di quanto i discepoli hanno sentito di nascosto che non debba essere proclamato pubblicamente. Non dobbiamo temere, nel proclamare  la verità di Dio, di apparire stolti agli occhi del mondo: ciò che nel mondo è stolto spesso è sapiente agli occhi di Dio.

Il secondo insegnamento: non abbiate paura. Non abbiate paura, specifica, degli uomini. Quello che possono fare, nella peggiore delle ipotesi, è renderci difficile la vita, fino al limite estremo di togliercela. Ebbene, il Signore ci dice di non avere paura neanche di questo, perché Egli veglia su di noi, e se ci affidiamo a Lui nemmeno un capello del nostro capo sarà perduto. Dobbiamo invece temere colui, il demonio, che fa di tutto per uccidere la nostra anima, per allontanarci da Dio e per privarci in via definitiva, morendo lontani da Dio, della vita eterna. Questo è il vero nemico, che vuole portarci al male definitivo, alla dannazione eterna. Il Signore dice di temerlo, ci invita a riconoscere in lui il vero nemico del nostro bene. E se ci dice di temerlo, proprio Lui che spesso ci ha ripetuto di non avere paura, gli dobbiamo credere! Gli uomini invece non li dobbiamo temere, e non dobbiamo nemmeno appoggiare sugli uomini le nostre sicurezze: «maledetto l’uomo che confida nell’uomo […] benedetto l’uomo che confida nel Signore», dice il profeta Geremia (Ger 17,5-8). Il Signore non ci chiede di complicarci inutilmente la vita quando non è necessario, non ci chiede di fare il bastian contrario sulle cose inutili, ma quando siamo costretti a scegliere tra il plauso degli uomini e l’obbedienza a Dio, allora dobbiamo obbedire a Dio senza incertezze, sapendo che solo da Dio viene il vero bene per noi, e che il giudizio definitivo sulla nostra vita non saranno gli uomini a formularlo, ma Dio.

Il terzo insegnamento: la centralità di Gesù. La fede cristiana non vuole essere anzitutto una filosofia , un insieme di idee, di valori di solidarietà, di pace. Vuole essere anzitutto un rapporto vivo e vitale con il Dio vivente, con Gesù Cristo che è vivo oggi e siede alla destra del Padre, e del quale noi non facciamo un’esperienza sensibile, non lo vediamo e non lo tocchiamo non perché Lui sia meno vivo di noi, ma perché la nostra natura su questa terra è limitata.

Ecco cos’è il Cristianesimo: non è una filosofia che vuole portarci a qualche beneficio interiore od esteriore in questa vita, ma è un rapporto con un uomo che è vivo, che è Dio, che è il Signore dell’universo, che vuole darci la vita eterna, che vuole riconoscerci davanti al Padre, ma prima vuole che noi lo riconosciamo davanti agli uomini, che gli rendiamo testimonianza con una vita come piace a Dio. Il Cristianesimo non è una filosofia su cui riflettere, ma è una persona da amare, conducendo una vita conforme ai suoi desideri: «chi mi ama osserva i miei comandamenti» (Gv 14,21). Il nostro vero bene, la nostra sorte, dipendono dal rimanere fedeli al Signore Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza e ora vivo, ripeto vivo, in anima e corpo, alla destra del Padre.

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