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“E’ sbagliato l’elogio del defunto nella omelia della messa di funerale, è un abuso liturgico. Lo afferma in questa intervista che ci ha rilasciato il noto liturgista e teologo barese don Nicola Bux, prendendo spunto dalle recenti esequie di Fabrizio Frizzi. Bux parla anche di Inferno e di anima.

Don Bux, esiste l’Inferno?

“Negare l’ Inferno e la  immortalità dell’ anima, che non sparisce, equivale a negare due verità di fede. Non possiamo negare o rinnegare la parola del Signore, la dottrina  e lo stesso Catechismo della Chiesa. Nessuno che voglia dirsi cattolico può fare questo “.

Recentemente a Roma, con grande partecipazione emotiva e di fedeli  si sono celebrati i funerali di Fabrizio Frizzi. Il sacerdote nella sua omelia, ha lungamente parlato del defunto…

” Non ho mai conosciuto il signor Frizzi e dunque non so esprimermi su di lui, non posso e non voglio. Non ho motivo di dubitare ovviamente delle sue buone qualità, ma il problema dal punto di vista liturgico non è questo”.

E allora, quale?

” Vale per  quasi tutti i funerali, incluso quelli della gente famosa come Frizzi, anzi maggiormente. E’ sbagliato l’elogio del morto nella omelia, un abuso  grave. L’ omelia deve servire ad aprire il cuore alla speranza cristiana nella vita eterna e si incentra, come tutte, sulle letture. Ogni attestazione di stima e di affetto per il morto, comprensibili sicuramente, si facciano a fine celebrazione, fuori della messa”.

Da che cosa dipende tutto questo?

” E’ un andazzo, una deformazione in atto della liturgia, non ci sta da meravigliarsi. Nel corso della celebrazione tante volte è risuonata la parola sorriso  riferita al morto o si è detto che il defunto faceva opere di bene ed era una persona  perbene. Ma tutto questo nulla ha a che vedere con una corretta omelia e aggiungo:  è perbenismo. Stiamo deformando e secolarizzando il funerale che, detto per inciso, non è un sacramento”.

Perché quel funerale ha avuto tanto seguito mediatico?

” Quando manca Dio, ci si costruisce idoli. Senza nulla togliere a Frizzi e ai defunti in genere, qui ci sta tanta apparenza e lo abbiamo visto nei riferimenti al sorriso, alla bravura personale. Ma all’ anima  chi pensa? Vi è una paura terribile a parlare di anima e sua salute”.

In tanti funerali, incluso quello citato, il celebrante afferma che il morto è già nella gloria di Dio in Paradiso..

“Un  azzardo teologico, un errore. Nessuno in terra può dire niente o giudicare su salvezza o  dannazione. I preti talvolta ignorano che il funerale, come le messe, è in suffragio proprio dell’ anima del defunto, per i suoi carichi pendenti. Non siamo noi in grado di affermare chi è salvo e chi no, lo afferma la dottrina cattolica”.

Bruno Volpe

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