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“Uno sguardo nella notte. Ripensando Benedetto XVI” è il nuovo libro di Aldo Maria Valli (con prefazione di Marco Tosatti) edito dalla Chorabooks di Hong Kong, nel quale il vaticanista del Tg1 – che a Joseph Ratzinger ha già dedicato La verità del papa (Lindau) e Il pontificato interrotto (Mondadori) – punta l’attenzione soprattutto su quella che definisce l’autentica persecuzione condotta nei confronti del pontefice tedesco, azzannato ripetutamente dai «lupi» del progressismo e del laicismo (dei quali lui aveva previsto l’arrivo), ma anche dagli esponenti dell’attuale modernismo, per la sua coerenza e il suo rigore nell’indicare la via della verità e della libertà nel loro significato più autentico.

Quello di Valli, come nota Marco Tosatti nella prefazione, è un libro che, se da un lato costituisce un atto di giustizia verso Ratzinger, dall’altro contribuisce a puntualizzare un insegnamento quanto mai prezioso e attuale, come dimostrano le riflessioni di Benedetto XVI sul futuro del cristianesimo in una società sottoposta alla duplice pressione dell’ateismo e dell’islamismo. Ma tutto da recuperare è anche l’insegnamento sulla liturgia e la centralità dell’Eucaristia in un tempo in cui si assiste a una pericolosa deriva che colpisce la Chiesa al cuore, perché, come disse, «la crisi della Chiesa è una crisi della liturgia».  Numerose, quindi, le ragioni per tornare a Benedetto XVI, il cui insegnamento continua a essere, oggi più che mai, uno sguardo nella notte.

LA FEDE QUOTIDIANA pubblica in esclusiva una piccola parte del libro. Il testo completo, di 139 pagine, è in vendita sia come EBook (formato Kindle e Epub) a 6.99 euro, che in quello cartaceo (a 15.99 euro), su amazon.it e su altri 100 negozi online in formato Epub (Feltrinelli, Rizzoli, Mondadori, hoepli, Book republic, Libreria universitaria, San Paolo store, Il fatto quotidiano, Il giardino dei libri, Google play, Ibooks store, Kobobooks, Tolino, Casa del libro, Bajalibros, Nookstore, Weltbild, El corte inglés, Barnes and Nobles etc.).

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Lapidazione mediante mass media

Nel nostro tempo i mass media possono diventare perfette macchine per lapidare. Rovisto tra i periodici del 2010. Sulla copertina di un famoso settimanale italiano, di ispirazione liberal e progressista, Benedetto XVI è fotografato di spalle. La schiena un po’ curva sotto la mozzetta rossa. Ciocche di capelli bianchi sporgono dalla papalina. Non lo si vede in volto, ma lo si può immaginare pensieroso, con gli occhi rivolti a terra. Il titolo, tutto in maiuscolo, grida: “Scacco al Papa”, e sotto si spiega in che cosa consisterebbe: “Lo scandalo pedofilia. La divisione sul celibato. Il ruolo negato alle donne. Cresce nella Chiesa la fronda al Pontefice. Scalfari: da secoli il Vaticano si dibatte fra il Vangelo e la difesa del potere temporale”.

È la moderna litania di laicisti e cattolici del dissenso, ripetuta ossessivamente come un mantra e con l’immancabile commento di un guru adeguato a rafforzare la tesi. Tutto prevedibile, tutto già visto e ascoltato mille altre volte. E tutto, come al solito, a carico di Benedetto. Prendersela con lui, in quei frangenti, è un obbligo del politicamente corretto.

Il 12 marzo 2010, proprio mentre in Vaticano arrivano, convocati dal Papa, i vescovi tedeschi, la Süddeutsche Zeitung scrive che negli anni Ottanta un sacerdote pedofilo, del quale non viene fatto il nome, fu trasferito da Essen a Monaco proprio nel periodo in cui Benedetto XVI era arcivescovo di Monaco e Frisinga. Anziché essere fermato, il prete avrebbe continuato a svolgere attività pastorali commettendo nuovi abusi. In quegli anni ci furono effettivamente “gravi errori”, dice al giornale bavarese il portavoce della diocesi, Bernhard Kellner.

L’ex vicario generale, Gerhard Gruber, si assume l’intera responsabilità dell’accaduto scagionando Joseph Ratzinger, ma l’insinuazione è stata fatta. Un metodo che sarà utilizzato ripetutamente.

È l’aprile 2010 quando l’Associated Press scrive che nel 1985 l’allora cardinale Ratzinger, a quell’epoca prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, si oppose alla riduzione allo stato laicale di un sacerdote californiano di trentotto anni, Stephen Kiesle, accusato di pedofilia. A supporto delle sue affermazioni l’agenzia di stampa diffonde una lettera, scritta in latino e firmata da Ratzinger, nella quale si sosterrebbe la necessità, per il bene della Chiesa, di non fermare il colpevole. Ecco, dicono i mass media ostili al pontefice: abbiamo finalmente la pistola fumante che inchioda Benedetto alle sue responsabilità. Ma il legale della Chiesa cattolica negli Stati Uniti, Jeffrey Lena, e la sala stampa vaticana fanno subito chiarezza: Ratzinger non coprì il caso, ma chiese di studiarlo meglio (scrisse che occorreva “una più attenta considerazione”), e comunque all’epoca la Congregazione non era competente per i peccati di pedofilia.

 

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