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di Gianfranco Amato

L’incubo orwelliano dello psicoreato è diventato realtà. La notizia giunge dal cuore dell’Inghilterra. A Birmingham, infatti, una nota attivista pro-life, Isabel Vaughan-Spruce, direttrice della Marcia per la Vita, è stata arrestata per aver pregato in silenzio davanti ad una clinica abortiva. Sì, proprio così. Le autorità locali di Birminghan hanno deciso di imporre le cosiddette «censorship zone», letteralmente zone di censura, ovvero delle aree attorno a centri abortivi in cui è assolutamente vietato «porre in essere atti di approvazione o disapprovazione rispetto all’interruzione volontaria della gravidanza, anche attraverso espressioni verbali o scritte, preghiere o consulenze».
Tornando al caso di Isabel Vaughan-Spruce, il fatto è che la donna, pur trovandosi nell’area sottoposta a censura, era semplicemente ferma e in silenzio, fino a quando non è stata avvicinata dagli agenti di polizia. Non portava nessun cartello, e non proferiva verbo. È stata sufficiente la denuncia di un passante il quale ha sospettato che Vaughan-Spruce stesse pregando silenziosamente nella sua mente, a far procedere all’arresto e all’interrogatorio della donna, alla quale sono stati contestati quattro capi d’imputazione, tra cui quello di «protesta in zona non autorizzata» e «intimidazione agli utenti del servizio» fornito dal centro abortivo. A rendere tutto ancora più surreale c’è il fatto che il suddetto centro abortivo quel giorno era persino chiuso. Vaughan-Spruce è stata rilasciata su cauzione e dovrà comparire davanti alla competente autorità giudiziaria di Birmingham il prossimo 2 febbraio 2023.
Tra le condizioni di concessione della libertà su cauzione, inizialmente era persino previsto il divieto per la donna di avere contatti con un prete cattolico locale coinvolto anche lui in attività a favore della vita. È rimasto comunque il divieto di pregare in pubblico anche fuori dalla zona di censura.
Dopo il rilascio, la donna ha dichiarato: «È terribilmente sbagliato che io sia stata perquisita, arrestata, interrogata dalla polizia e accusata semplicemente di aver pregato nella privacy della mia mente; nessuno dovrebbe essere criminalizzato per aver pensato e pregato, in uno spazio pubblico nel Regno Unito». E ha fatto una semplice considerazione di buon senso sulle cosiddette “zone di censura”: «Alcuni pensieri saranno proibiti all’interno di quelle aree. Avremo i nostri pensieri censurati, cosa possiamo e non possiamo pensare in quelle aree? È incredibile che la polizia stia seriamente cercando di reprimere ciò che pensa la gente». «Ma, – ha concluso, –questa è la realtà, questo è ciò che sta accadendo: il pensiero sta diventando un crimine».
Interessanti anche le dichiarazioni rilasciate dall’avvocato difensore di Vaughan-Spruce: «L’esperienza della mia assistita dovrebbe essere profondamente preoccupante per tutti coloro che credono che valga la pena proteggere i nostri diritti fondamentali quando sono gravemente violati. È davvero sorprendente che la legge abbia concesso alle autorità locali una discrezionalità così ampia e irresponsabile, che ora anche i pensieri ritenuti “sbagliati” possono portare a un arresto umiliante e a un’accusa penale». Ha aggiunto, poi, una considerazione che fino a poco tempo fa si poteva tranquillamente considerare lapalissiana: «Una democrazia matura dovrebbe essere in grado di distinguere tra condotta criminale ed esercizio pacifico di diritti costituzionalmente protetti. La mia cliente, che è una bravissima donna e che ha servito instancabilmente la sua comunità fornendo assistenza caritatevole a donne e bambini vulnerabili, non è stata trattata meglio di un violento criminale; dobbiamo chiederci se siamo ancora una nazione davvero democratica capace di proteggere l’esercizio pacifico del diritto alla libertà di parola, corriamo il serio rischio di entrare irragionevolmente come sonnambuli in una società che accetta, normalizza e persino promuove la tirannia della maggioranza».
Quando più di quarant’anni fa lessi per la prima volta il romanzo di fantascienza distopica 1984, scritto da George Orwell, non avrei mai pensato di poter vedere con i miei occhi una vera contestazione di psicoreato da parte della polizia. Nella sua visione profetica il celebre scrittore inglese ha solo commesso un errore nel titolo. Ha anticipato l’anno di qualche decennio. Non doveva essere 1984 ma 2024.

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