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C_4_articolo_2044487_upiImageppCome riporta il sito quicomo.it, il 25 dicembre scorso, don Giusto Della Valle, presso la parrocchia di Rebbio, dimenticando che la Conferenza Episcopale Italiana vieta l’uso di luoghi di culto alla preghiera di musulmani o appartenenti ad altre religioni, ha chiuso la sua celebrazione, facendo cantare ad una giovane libanese, Nour Fayad, sull’altare, i versi del Corano che riportano la versione islamica dell’Annunciazione di Cristo.

Poco dopo Abdul Aziz Hamze, presidente dell’associazione culturale Assirat, che riunisce la comunità musulmana sciita libanese, ha preso la parola, ricordando che quest’anno il Natale era anche la festa islamica del Maulid (la data della nascita di Maometto) e ha invitato i presenti, sulla scia del dettato del Corano, ad «afferrarsi tutti insieme alla corda di Allah» e a «non dividervi tra voi», poiché se «tutti noi ci afferriamo alla Sua corda», «ci incamminiamo assieme sulla Sua retta via».

Il minestrone religioso (sincretista), che come altre iniziative concorre alla desacralizzazione del Natale, alla sua laicizzazione, al suo addomesticamento (questa volta in chiave islamofila), ha suscitato polemiche e i commenti della gente non si sono certo fatti attendere. “Certi i preti disprezzano la ragione”, dice una signora. Altri accusano certi sacerdoti di “collaborazionismo” teso alla distruzione del cristianesimo. Alcuni tuonano: “Non c’è più religione! Ma i così detti fedeli presenti non hanno avuto niente da dire? Se sono stati zitti siamo al massimo della idiozia”. Non mancano gli insulti. Il più garbato scrive: “certi pretuncoli da strapazzo meriterrebbero di essere scomunicati”.

Matteo Orlando

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