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Una forte e qualificata critica è arrivata dalla Germania a papa Francesco relativamente alle sue parole sui trans pronunciate sul volo di ritorno dall’Azerbaijan, il 2 ottobre 2016. Christian Spaemann, 59 anni, psichiatra e teologo, figlio di Robert Spaemann, uno dei maggiori filosofi cattolici viventi, scrive che «la transessualità implica un grave dolore, soprattutto per le persone direttamente coinvolte, ma anche per i loro parenti e, soprattutto, per i loro bambini. È una sofferenza che con misure ormonali o chirurgiche può solo essere attenuata. Vi sono studi che dimostrano che, anche dopo operazioni di cambiamento del sesso, i transessuali sono esposti a crescenti disturbi psichici, tentativi di suicidio e a un tasso effettivo di suicidi che è venti volte superiore al normale. Ricorre spesso anche il desiderio di operazioni di ripristino della precedente condizione fisica.»

Spaemann spiega che «il fenomeno della transessualità è ampiamente strumentalizzato dagli attivisti del “gender” per i loro scopi politico-sociali, con una relativizzazione della naturale dicotomia sessuale (sostanzialmente un’assurdità, dato che proprio i transessuali, con il loro deciso desiderio di appartenere all’altro sesso, confermano l’esistenza di tale dicotomia sessuale). Nel frattempo ci si è spinti tanto oltre da considerare preminente per la definizione del sesso la percezione soggettiva di sé e da parlare, eufemisticamente, di operazioni “per l’adeguamento sessuale”. Fa paura la fretta con cui oggigiorno si spingono dei giovani nella pubertà a interventi di tipo operatorio. Non c’è davvero nulla di cui gloriarsi per lo stato attuale della scienza medica e psicologica, quando essa agisce con ormoni e bisturi per eliminare un profondo disturbo di identità. Le complesse operazioni chirurgiche e l’assunzione perpetua di ormoni non riuscirà produrre se non una sorta di “fake sexuality”, di sessualità artefatta. Un transessuale sarà sempre una donna che è stata operata come uomo e una transessuale rimarrà sempre un uomo che è stato operato come donna. Già solo per questo, la scelta dei termini da parte del papa avrebbe dovuto essere più prudente».

Lo psichiatra Spaemann continua dicendo che «la condizione di dolore delle persone che si sentono transessuali, al punto da indurre tendenze al suicidio, può essere tanto grande che, in assenza di alternative, anche da parte della Chiesa difficilmente si possono rifiutare del tutto delle misure chirurgiche e ormonali volte a ridurre questa sofferenza, una volta esaurite tutte le altre possibilità. Qui il divieto dell’automutilazione deve essere valutato all’interno di una valutazione prudente dei costi e dei benefici, come ultima “ratio”. Oggi dovrebbe, inoltre, essere un’ovvietà accompagnare queste persone sul piano pastorale, rivolgersi a loro nel modo che esse auspicano e integrarle nella vita della Chiesa. Da ultimo, l’anima umana ha la possibilità di rivolgersi direttamente a Dio indipendentemente dalla propria sensibilità e caratterizzazione sessuale. Sostenere e incoraggiare questa relazione con Dio è il primo compito della pastorale. In questo non si può trovare uno specifico ostacolo per l’accesso ai sacramenti della confessione e della comunione, anche se, certamente, c’è bisogno di una specifica direzione spirituale, per affidare alla misericordia di Dio quell’identità sessuale, non precostituita per natura e psicologicamente agognata, invece che impossessarsene come una sorta di diritto all’autodeterminazione, così come si propaga oggi. Si tratta, inoltre, anche di accettare il fatto che nei registri parrocchiali dei battesimi non è possibile un cambiamento nell’indicazione del proprio stato sessuale. Se, tuttavia, si parla per i transessuali di matrimonio con quello che da loro è ritenuto “l’altro sesso”, si deve tenere per fermo che non si tratta di un vero matrimonio, nel significato proprio del termine, né in senso naturale né in senso ecclesiale. Di conseguenza […] un matrimonio sacramentalmente valido non è possibile in simili casi. Dato infatti che per quanto riguarda la sessualità umana in una prospettiva cattolica esistono solo due forme di vita che corrispondono alla natura e alla dignità della persona umana, vale a dire la sessualità vissuta all’interno del matrimonio tra uomo e donna o l’astinenza, la Chiesa non ha alcuna potestà a legittimare una relazione di carattere sessuale tra transessuali, senza la precondizione della continenza, mediante l’amministrazione del sacramento della confessione o della comunione. In linea con l’ordinamento sacramentale della Chiesa (cfr. “Sacramentum caritatis” 29) vale anche in questo caso il principio per cui si deve affidare tutto, in umiltà, alla misericordia di Dio, senza pretendere di poterne disporre pregiudizialmente mediante l’amministrazione dei sacramenti».

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