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Statua_Madonna_Uruguay_TihaljinaMonsignor Alfredo Zecca, arcivescovo metropolita di Tucuman (Argentina), ha rilasciato una dichiarazione avvertendo che le dichiarazioni di Suor Lucia Caram «negano la verginità perpetua della Vergine Maria, che è una verità essenziale del nostro credo cattolico. Negare questa verità colpisce direttamente la nostra fede, perché è contro la Scrittura e contro la tradizione ratificata dal Magistero della Chiesa».

A tal proposito il vescovo ha ricordato il n. 499 e il n. 510 del Catechismo della Chiesa Cattolica ed ha invitato i fedeli «a rinnovare il loro impegno per la fede nella sua integrità e per crescere in amore e devozione alla Madre di Dio, rifiutando gli insegnamenti confusi o contrari che danneggiano l’integrità del nostro impegno verso Cristo, la Chiesa e la sua Santissima Madre». Anche le domenicane di Santo Domingo de Caleruega (Burgos, Spagna) hanno condannato la loro consorella dicendo: «condanniamo e rifiutiamo le parole e il cattivo esempio di suor Lucia Caram».

Le domenicane hanno ricordato che le affermazioni della Caram hanno «degradato e umiliato l’intero Ordine domenicano» e, inoltre, il cui fondatore aveva evidenziato per i predicatori la necessità dell’impegno e della dedizione «in difesa della fede cattolica attraverso un grande amore per la Vergine Maria, sotto la cui protezione ha lasciato tutti i suoi figli». Le domenicane si chiedono se i superiori della Caram «sono consapevoli di tutto questo» e si chiedono quali «provvedimenti opportuni intendo prendere per una necessaria correzione».

Anche le monache domenicane della “Federación de la Inmaculada” di Spagna, Argentina e Cile hanno ripreso pubblicamente suor Lucía Caram sostenendo che «la condición de religiosa contemplativa de Sor Lucía Caram no es compatible con su actividad en los medios de comunicación social». Domenicani e domenicane di tutto il mundo, e specialmente quelli del continente americano, hanno chiesto un intervento del Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori, Fra’ Bruno Cadoré, per scegliere i mezzi più opportuni «a fin de impedir que la religiosa argentina cause más escándalo público»

Matteo Orlando

Un pensiero su “Suora afferma che Maria non era vergine, durissime critiche dalle sue consorelle”
  1. Pace. Maria è la SempreVergine! Vergine prima, durante e dopo il parto. La Bibbia non insegna in nessun brano che ella avesse avuto rapporti coniugali con Giuseppe suo sposo. Di conseguenza Cristo non ebbe mai fratelli uterini.

    VERGINE ANTE, DURANTE ET POST IL PARTO

    Maria era vergine prima del parto, secondo le parole profetiche di Isaia: «Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi» (Isaia 7,14; Matteo 1,23). Perciò si adempì ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta.

    Senz’ombra di dubbio si deve credere che Maria fosse vergine anche durante il parto, secondo le parole del profeta: «la Vergine concepirà e partorirà». Perciò era vergine sia al momento del concepimento e sia durante il parto. Maria era vergine anche durante il parto, perché quello fu un parto miracoloso. Un parto indolore che non portò nessuna lesione alla integrità verginale di Maria. L’integrità fisica è l’elemento materiale della verginità durante il parto. Il parto viene descritto così da Luca: «Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo» (Luca 2,6-7). Luca, che era un medico (Colossesi 4,14), racconta che nel partorire Gesù, Maria si comportò in modo del tutto attivo. San Tommaso afferma che «era conveniente da parte del fine dell’Incarnazione di Cristo che Maria fosse vergine anche durante il parto. Cristo infatti è venuto a togliere la nostra corruzione. Non era perciò opportuno che nascendo corrompesse la verginità di sua madre. Dice infatti Sant’Agostino: Non era giusto che violasse l’integrità con la sua nascita Colui che veniva a sanare la corruzione» (cf. Somma Teologica III, q. 28, a. 2). Un’altra cosa: secondo la legge, la donna dopo essere rimasta incinta e aver partorito, era considerata impura per un tempo: «Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L’ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. Ma, se partorisce una femmina sarà immonda due settimane come al tempo delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue. Quando i giorni della sua purificazione per un figlio o per una figlia saranno compiuti, porterà al sacerdote all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora in sacrificio di espiazione. Il sacerdote li offrirà davanti al Signore e farà il rito espiatorio per lei; essa sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la legge relativa alla donna, che partorisce un maschio o una femmina. Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio. Il sacerdote farà il rito espiatorio per lei ed essa sarà monda» (Levitico 12,2-8). Ora, entrando nel mondo, il Redentore non avrebbe mai permesso che sua madre, partorendolo, rimanesse per un tempo impura. Chi mai oserebbe affermare che per via dell’entrata del Signore nel mondo, Maria sia rimasta per un tempo impura? Il solo pensare questo è cosa veramente abominevole. Dio infatti non peggiora lo stato delle sue creature, ma lo migliora. Quando poi leggiamo nel vangelo: «venne il tempo della loro purificazione, secondo la legge di Mosè» (Luca 2,22), non dobbiamo pensare che Maria avesse bisogno del rito di purificazione. Maria concepì senza il seme virile. Il concepimento di Gesù fu un concepimento verginale, opera dello Spirito Santo. Anche il parto fu verginale, secondo le parole del profeta: «La Vergine concepirà e partorirà». Non vi fu partecipazione da parte di uomo nel concepimento di Gesù né vi fu nel parto alcun dolore né lesione né flusso di sangue. Perciò la Vergine non aveva bisogno di essere purificata. Ella tuttavia, volle compiere il rito della purificazione per via del precetto della legge. Perciò leggiamo: «venne il tempo della loro purificazione secondo la legge». Maria non era tenuta ad osservare quel precetto, ma tuttavia lo fece di sua volontà. In fondo anche Gesù, benché non fosse soggetto alla legge, volle subire la circoncisione. Ezechiele profetizzò che la porta a oriente del Tempio doveva restare chiusa per far passare il Signore: «Resterà chiusa, essa non s’aprirà, e nessuno entrerà per essa, poiché per essa è entrato il Signore, il Dio d’Israele, perciò rimarrà chiusa» (Ezechiele 44,2). In sé, questo versetto biblico è oscuro, ma se applicato alla Vergine Maria s’illumina di significato. Poiché solamente il Signore Gesù Cristo è passato per la porta chiusa della Vergine Maria, Tempio della Santissima Trinità. Quella porta resterà sempre chiusa, e nessun’altro potrà passare di là, poiché per essa è entrato nel mondo il Signore. Perciò Maria rimase vergine anche durante il parto. Dice ancora San Tommaso: «Cristo volle dimostrare la realtà del suo corpo in modo da manifestare insieme la propria divinità. Perciò mescolò insieme meraviglie e umiliazioni. Per mostrare la verità del suo corpo nacque da una donna. Per mostrare la sua divinità nacque da una vergine» (Somma Teologica, III, q. 28, a. 2, ad 2). Cristo, figlio primogenito di Maria, «non diminuì la sua verginale integrità, ma la consacrò» (Lumen Gentium 57).

    Infine, Maria rimase vergine anche dopo il parto. Infatti la Sacra Scrittura ci fa sapere del proposito di Maria di rimanere sempre vergine: «Come avverrà questo poiché non conosco uomo?» (Luca 1,34). Giuseppe inoltre, che è «giusto» (Matteo 1,18), non avrebbe mai osato profanare con il suo corpo quello di Maria, che fu «adombrata dall’Altissimo» (Luca 1,35). Giuseppe fu avvertito in sogno dall’angelo del Signore (Matteo 1,20-25). San Tommaso afferma che «sarebbe da rimproverare a Giuseppe la massima presunzione, se avesse tentato di violare una donna che, come egli aveva conosciuto per rivelazione angelica, aveva concepito il Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo. Dobbiamo quindi affermare in modo assoluto che Maria, come concepì da vergine e partorì da vergine, così anche dopo il parto rimase vergine in perpetuo» (Somma Teologica III, q. 28, a. 3).

    LA QUESTIONE DEI «FRATELLI» DI GESÙ

    Il Nuovo Testamento parla dei «fratelli» di Gesù. Vediamo qualche esempio:

    Matteo 13,55-56
    «Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi?».

    Marco 3,31
    «Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare».

    Marco 6,3
    «Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?».

    Luca 8,19
    «Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla».

    Giovanni 2,12
    «Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono là solo pochi giorni».

    Giovanni 7,5
    «Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui».

    Atti 1,14
    «Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui».

    1 Corinzi 9,5
    «Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?».

    Galati 1,18-19
    «In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore».

    Bisogna dire tuttavia che questi vengono sempre chiamati «fratelli» di Gesù ma mai «figli» di Maria. Il termine greco «adelphòs» (fratello) nell’Antico Testamento tradotto dai Settanta (LXX o Septuagina) – «’ah» nella lingua ebraica – e nel Nuovo Testamento, viene utilizzato non solo per i fratelli uterini, ma anche per indicare i parenti prossimi, compatrioti e fratelli di fede. Il termine «adelphòs» è utilizzato per indicare i fratelli uterini (Genesi 4,8; 25,26), i cugini (1 Cronache 23,21-23 e Matteo 13,55-56 come vedremo in seguito), zii e nipoti (Genesi 13,8), compatrioti e parenti in genere (Genesi 19,6-7; 2 Re 10,13; 1 Cronache 9,6; 15,5), gli uomini bisognosi (Matteo 25,40), i discepoli di Cristo e fratelli di fede (Giovanni 20,17; 1 Corinzi 9,3-5), il popolo d’Israele (Atti 3,17. 22-23) e tutti coloro che fanno la volontà di Dio (Matteo 12,49-50; Luca 8,21). Quando nella Sacra Scrittura si parla invece di fratelli uterini, troviamo queste formule: «Ti siedi, parli contro il tuo fratello, getti fango contro il figlio di tua madre» (Salmi 49,20). «Sono un estraneo per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre» (ibid. 68,9). «Vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, nella barca, insieme a Zebedèo loro padre» (Matteo 4,21).

    GIACOMO, GIUSEPPE, SIMONE E GIUDA SONO FIGLI DI MARIA MADRE DI GESÙ E QUINDI FRATELLI UTERINI DI LUI?

    Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda non sono figli di Maria madre di Gesù. Nel vangelo secondo Matteo leggiamo: «C’erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano, esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo» (Matteo 27,55-56). Sul Calvario – racconta l’evangelista – era presente una donna di nome Maria, madre di Giacomo e Giuseppe, detti «fratelli» di Gesù. Questa donna non era però la madre di Gesù, ma era un’altra Maria, designata così in modo significativo (Matteo 27,61; 28,1; Marco 16,1). L’evangelista, dunque, distingue questa donna dalla madre di Gesù, chiamandola «l’altra Maria». Anche Marco descrive i fatti accaduti in quelle tragiche ore: «C’erano là alcune donne che osservavano da lontano, tra le altre: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salomè, le quali lo seguivano e lo servivano» (Marco 15,40-41). Giovanni identifica quest’altra Maria con Maria di Clèofa: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Clèofa, e Maria di Màgdala» (Giovanni 19,25). La Tradizione che vede qui tre donne di nome Maria, è contestata da alcuni fratelli riformati, che vedono in Giovanni 19,25 quattro donne anziché tre. Tuttavia nel testo greco la congiunzione «kai» (e) appare solo due volte. Perciò l’evangelista suggerisce la presenza di sole tre donne. È improbabile che due sorelle portino lo stesso nome, ma tuttavia Maria di Clèofa è una parente di Maria madre di Gesù, perciò è indicata come sorella di lei. Quindi ai piedi della croce v’erano tre donne che si chiamavano Maria. Queste erano Maria madre di Gesù, la moglie di Clèofa e la Maddalena. Dunque quell’altra Maria, madre di Giacomo e Giuseppe, è Maria di Clèofa. Lo storico Egesippo (secolo II), citato da Eusebio di Cesarea, affermava che Clèofa era fratello di Giuseppe, lo sposo di Maria madre di Gesù (Storia Ecclesiastica, III, 11). Mentre riguardo a Simone – citato nei Vangeli come fratello di Gesù (Matteo 13,55-56; Marco 6,3) – Eusebio affermava fosse figlio di Clèofa (Storia Ecclesiastica, III, 11; 32, 1. 3. 4). Confermando gli scritti di Luca (ibid. 6,16; Atti 1,13), Giuda si presenta come «fratello di Giacomo il minore» (Giuda 1,1). Quindi Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, detti «fratelli» di Gesù, non sono figli di Maria madre di Gesù, ma figli dell’altra Maria, moglie di Clèofa, identificato anche come Alfeo (Matteo 10,3), da non confondere con l’Alfeo padre di Levi (Marco 2,14). Quindi non sono fratelli uterini di Gesù, ma suoi cugini. Nel Nuovo Testamento il termine «cugino» appare solo una volta ed è utilizzato da San Paolo in una delle sue lettere: «Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Barnaba» (Colossesi 4,10). Il termine greco «anepsiòs», tradotto con cugino, indica in realtà una parentela piuttosto remota, non ben definibile, che comporta spesso anche una distanza geografica (ad es. Tobi e Gabael – Libro di Tobia 7,2; 9,6 – LXX).

    LA QUESTIONE DI «HEÔS»

    Matteo 1,24-25
    «Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé la sua sposa, e non la conobbe FINCHÉ ella non ebbe partorito un figlio, e gli pose nome Gesù».

    La congiunzione temporale «heôs» (finché), pur negando un’azione per il tempo passato, non implica necessariamente un cambiamento di situazione per il tempo successivo. La Sacra Scrittura ci da alcuni esempi: «Siedi alla mia destra, FINCHÉ io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi» (Salmi 109,1), e ancora: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni FINO ALLA FINE del mondo» (Matteo 28,20). Ora, quel «finché» non significa che dopo il Cristo non starà più alla destra del Padre. Cristo, infatti, siederà per i secoli dei secoli alla destra del Padre. Poiché Dio è spirito e non ha forma né materia, per Cristo che «siede alla destra del Padre» non dobbiamo pensare a un luogo né ad una positura del corpo. Quelle parole infatti, significano il fermo e stabile possesso di quella suprema e regale potestà e gloria che Cristo ha ricevuto dal Padre (Efesini 1,20-22; Ebrei 1,13). Allo stesso modo, quel «fino alla fine del mondo» non significa che dopo, il Cristo, non starà più coi suoi discepoli, ma intende affermare solo che sarà sempre presente nella loro opera di evangelizzazione. Ancora un altro esempio: «Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, FINCHÉ non chiamarono i genitori di colui che aveva recuperato la vista» (Giovanni 9,18). Quel «finché» non significa che dopo aver chiamato i genitori di colui al quale Cristo fece recuperare la vista, i Giudei finalmente credettero che quello era stato prima cieco e dopo ci vedeva per merito di Gesù Cristo. Infatti non credettero nemmeno dopo. Perciò Matteo non sta affatto dicendo che dopo la nascita del bambin Gesù, Giuseppe e Maria ebbero rapporti coniugali. L’evangelista vuole solo evidenziare la nascita di Gesù, avvenuta non per intervento di un uomo, ma per opera dello Spirito Santo (Matteo 1,18).

    LA QUESTIONE DEL «PROTOTOKOS»

    Luca 2,6-7
    «Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto; ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo».

    Il termine «prototokos» (primogenito) era per gl’Israeliti un termine legale, in quanto i genitori dovevano pagare per lui un prezzo di riscatto (Esodo 13,13). Questo quindi non implica necessariamente che dopo il primogenito vi siano stati altri figli, poiché si usava chiamare un figlio «primogenito» e che fosse il primo nato di più figli, e che fosse l’unico nato. Che Maria non avesse altri figli oltre a Gesù è detto indirettamente nel vangelo secondo Giovanni: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Clèofa, e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Giovanni 19,25-27). Il fatto che il Signore morente sulla croce affidi sua madre al discepolo amato, presuppone che Maria non avesse altri figli oltre Gesù. San Tommaso afferma che Maria «si sarebbe dimostrata ingrata a non accontentarsi di un Figlio così grande e a perdere spontaneamente con rapporti coniugali la verginità, che un miracolo le aveva conservato» (Somma Teologica III, q. 28, a. 3).

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