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Il 24 aprile, il giorno della festa di San Giorgio, è stato scelto come data simbolica dell’inizio dei lavori di ricostruzione delle case e delle chiese cristiane nei villaggi e nelle piccole città della Piana di Ninive devastate negli ultimi anni dai militanti dello Stato islamico.

Padre Paolo Thabit Mekko, sacerdote caldeo di 41 anni di Mosul, ha spiegato ad Asia News che è importante iniziare a lavorare il più rapidamente possibile per evitare la fuga di altre famiglie cristiane dalla regione. Più di 12 mila case sono state distrutte o danneggiate in quei territori, che hanno visto anche la profanazione di diverse tombe cristiane (gli uomini dell’ISIS sono andati alla ricerca di collane o oggetti più o meno preziosi lasciati dai familiari sui corpi dei loro cari defunti). La ricostruzione coinvolge alcuni dei più importanti centri cristiani della piana: Qaraqosh, Bartella, Karamles, a lungo nelle mani delle milizie jihadiste che portato ovunque orrori e devastazioni.

“È importante rimanere qui” – dice padre Paolo “come cristiani e comunità irachena. Noi siamo le persone che ancora parlano la lingua di Gesù, e se ce ne andiamo anche questa lingua andrà persa. Intanto si registra un accordo tra le Chiese in Iraq per ricostruire le varie zone. La Chiesa siro cattolica, quella siro-ortodossa e quella caldea hanno firmato un accordo per aiutare a ricostruire i villaggi cristiani. Tale accordo ha dato vita alla  Commissione per la ricostruzione di Ninive  (NRC il suo acronimo in inglese) che ha il compito di pianificare e monitorare le fasi di ricostruzione mentre la Pontificia Fondazione Internazionale “Aiuto alla Chiesa che Soffre” è responsabile per la raccolta dei fondi. Il costo dell’operazione sarà superiore a 200 milioni di euro.

I fondi della Commissione ottenuti saranno ripartiti tra i rappresentanti di ogni chiesa, a seconda sul numero di case danneggiate appartenenti ai loro parrocchiani. L’Arcivescovo della Chiesa siro-ortodossa, mons. Timothaeus Mosa Alshamany,  hanno sottolineato il doppio significato di queste iniziative: da un lato lo spirito ecumenico, dall’altro la reale possibilità per migliaia di cristiani di tornare alle loro radici e a riguadagnare una vita dignitosa.

Matteo Orlando

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