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Monsignor Athanasius Schneider
Monsignor Athanasius Schneider

Con un intervento datato 23 novembre 2016, pubblicato su Corrispondenza Romana, monsignor Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Santa Maria in Astana, difende i quattro cardinali che mossi da “profonda preoccupazione pastorale” (Joachim Meisner, Carlo Caffarra, Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller) il 14 novembre 2016 hanno pubblicato il testo di cinque domande, dette dubia (termine latino per “dubbi”), che in precedenza, il 19 settembre 2016, avevano inviato al Santo Padre e al Cardinale Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, insieme ad una lettera di accompagnamento.

I cardinali chiedono a Papa Francesco di chiarire “il grave disorientamento e grande confusione” relativi all’interpretazione e all’applicazione pratica, soprattutto del capitolo VIII, dell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia e dei suoi passaggi in materia di ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti e all’insegnamento morale della Chiesa.

Monsignor Schneider rileva che «i cardinali non hanno fatto che constatare fatti reali nella vita della Chiesa. Questi fatti sono dimostrati dagli orientamenti pastorali assunti da diverse diocesi e dalle dichiarazioni pubbliche di alcuni vescovi e cardinali, i quali affermano che, in alcuni casi, divorziati e risposati cattolici possono essere ammessi alla Santa Comunione, anche se continuano a esercitare quei diritti che la legge divina riserva ai coniugi validamente sposati. Pubblicando una richiesta di chiarezza in una questione che tocca la verità e la santità contemporaneamente dei tre sacramenti del matrimonio, della penitenza e dell’Eucaristia, i quattro cardinali hanno fatto solo il loro dovere fondamentale di vescovi e di cardinali, che consiste nel contribuire attivamente affinché la rivelazione trasmessa attraverso gli Apostoli possa essere custodita santamente e fedelmente interpretata».

Monsignor Schneider, ricordando i documenti del Concilio Vaticano II, ha sottolineato che «a tutti i membri del collegio dei vescovi, in quanto legittimi successori degli Apostoli, hanno l’obbligo, di “avere per tutta la Chiesa una sollecitudine che, sebbene non sia esercitata con atti di giurisdizione, contribuisce sommamente al bene della Chiesa universale. Tutti i vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l’unità della fede e la disciplina comune all’insieme della Chiesa”».

Il prelato kazako ricorda che «l’intera Chiesa ai nostri giorni deve riflettere sul fatto che lo Spirito Santo non ha ispirato invano san Paolo a scrivere nella Lettera ai Galati circa l’evento della sua correzione pubblica di Pietro. Bisogna avere fiducia che Papa Francesco accetti questo appello pubblico dei quattro cardinali nello spirito dell’apostolo Pietro, quando san Paolo gli offrì una correzione fraterna, per il bene di tutta la Chiesa».

Dopo aver citato i padri della Chiesa, Monsignor Schneider ha scritto che «Papa Francesco richiede spesso un dialogo schietto e senza timore tra tutti i membri della Chiesa nelle questioni riguardanti il bene spirituale delle anime. Nell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia, il Papa parla del bisogno “di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali. La riflessione dei pastori e dei teologi, se è fedele alla Chiesa, onesta, realistica e creativa, ci aiuterà a raggiungere una maggiore chiarezza” (n. 2). Inoltre, le relazioni a tutti i livelli all’interno della Chiesa devono essere libere da un clima di paura e intimidazione, come Papa Francesco ha chiesto nei suoi molteplici pronunciamenti. Alla luce di queste dichiarazioni di Papa Francesco e del principio di dialogo e di accettazione della legittima pluralità delle opinioni, che è stato favorito dai documenti del Concilio Vaticano II, le reazioni insolitamente violente e intolleranti da parte di alcuni vescovi e cardinali contro la calma e  circospetta richiesta dei quattro cardinali suscitano grande stupore. Tra queste reazioni intolleranti si possono leggere affermazioni di questo genere: i quattro cardinali sono stupidi, ingenui, scismatici, eretici, e perfino paragonabili agli eretici ariani. Tali giudizi apodittici e impietosi rivelano non solo intolleranza, rifiuto del dialogo e rabbia irrazionale, ma dimostrano anche una resa davanti all’impossibilità di dire la verità, una resa al relativismo nella dottrina e nella pratica, nella fede e nella vita. La succitata reazione clericale   contro la voce profetica dei quattro cardinali dimostra, in ultima analisi, impotenza  davanti agli occhi della verità. Una reazione così violenta ha un solo scopo: far tacere la voce della verità, che sta disturbando e inquietando la nebulosa ambiguità, apparentemente pacifica di questi critici clericali».

«Le reazioni negative alla dichiarazione pubblica dei quattro cardinali ricordano la generale confusione dottrinale della crisi ariana nel IV secolo», spiega Monsignor Schneider. «Oggi quei vescovi e cardinali, che chiedono chiarezza e che cercano di compiere il loro dovere conservando santamente e fedelmente l’interpretazione della Rivelazione divina che è stata trasmessa riguardante i sacramenti del matrimonio e dell’Eucaristia, non vengono più esiliati, come accade ai i vescovi di Nicea durante la crisi ariana. Contrariamente al tempo della crisi ariana, oggi, come scrisse il vescovo di Ratisbona, Rudolf Graber, nel 1973, l’esilio dei vescovi è sostituito da strategie per silenziarli e calunniarli».

Monsignor Schneider accenna anche ad un evento storico: «quando papa Liberio nel 357 firmò una delle cosiddette formule di Sirmio, in cui evitò deliberatamente l’espressione dogmaticamente definita “homo-ousios” e scomunicò sant’Atanasio in modo da avere pace ed armonia con i vescovi ariani e semi-ariani di Oriente, i fedeli cattolici e alcuni pochi vescovi, in particolare sant’Ilario di Poitiers, rimasero profondamente scioccati. Sant’Ilario ha trasmesso la lettera che papa Liberio scrisse ai vescovi orientali, annunciando l’accettazione della formula di Sirmio e la scomunica di san Atanasio. Nel suo profondo dolore e sgomento, sant’Ilario aggiunse alla lettera, in una sorta di disperazione, la frase: “Anathema tibi a me dictum, praevaricator Liberi” (io ti dico anatema, o prevaricatore Liberio) […] Papa Liberio volle avere pace ed armonia ad ogni costo, anche a scapito della verità divina. Nella sua lettera ai vescovi latini eterodossi Ursace, Valence e Germinio annunciando loro le decisioni di cui sopra, scrisse che preferiva la pace e l’armonia al martirio […] In che contrasto drammatico fu il comportamento di Papa Liberio con la seguente convinzione di sant’Ilario di Poitiers: “Noi non facciamo la pace a spese della verità, facendo concessioni per acquisire la reputazione di tolleranza. Facciamo la pace combattendo legittimamente secondo le regole dello Spirito Santo. C’è il pericolo di allearsi surrettiziamente  con l’infedeltà, ammantando ciò con il bel nome della pace”».

Monsignor Schneider conclude scrivendo che «i quattro cardinali con la loro voce profetica che chiede chiarezza dottrinale e pastorale hanno un grande merito davanti alla loro coscienza, davanti alla storia, e davanti agli innumerevoli semplici fedeli cattolici dei nostri giorni, che sono relegati alla periferia ecclesiastica, a causa della loro fedeltà all’insegnamento di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio. Ma soprattutto, i quattro cardinali hanno un grande merito agli occhi di Cristo. Per la loro voce coraggiosa, i loro nomi brilleranno luminosamente il giorno dell’Ultimo Giudizio. Essi hanno infatti obbedito alla voce della loro coscienza ricordando le parole di San Paolo: “Non possiamo fare nulla contro la verità, ma solo per la verità” (2 Cor. 13,8). Sicuramente, il giorno del Giudizio, i critici clericali dei quattro cardinali prima menzionati non avranno una risposta facile per giustificare il loro violento attacco contro un atto così giusto, degno e meritevole di questi quattro membri del Sacro Collegio dei Cardinali».

Monsignor Schneider si augura, per i quattro cardinali e per coloro che li criticano, che possano «ricevere la forza e la grazia di Dio, per poter ripetere con sant’Ilario le parole: “Che io possa essere sempre in esilio, purché solo la verità cominci ad essere predicata di nuovo!”».

Matteo Orlando

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