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Il Kyrie eleison può essere inserito nell’atto penitenziale o può seguirlo. Leggiamo nell’Ordinamento Generale del Messale Romano: “Dopo l’atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l’atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un cantore. Ogni acclamazione viene ripetuta normalmente due volte, senza escluderne tuttavia un numero maggiore, in considerazione dell’indole delle diverse lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari. Quando il Kyrie eleison viene cantato come parte dell’atto penitenziale, alle singole acclamazioni si fa precedere un «tropo»”.
Io ho personalmente disgusto per il Kyrie recitato. Nell’antica Roma questo era un grido di trionfo e la tradizione musicale della Chiesa ci ha lasciato esempi sommi di trattamento di questo testo. Buttato lì e recitato distrattamente, come avviene quasi ovunque, perde veramente efficacia e senso. Infatti l’OGMR parla di “canto”, un testo che presuppone la musica. 
Io penso che 3 ripetizioni siano meglio di 2. Questo favorisce il canto del popolo come quello della Schola. Ma come detto, si eviti ad ogni costo che sia semplicemente recitato. Oppure, ancora peggio, preceduto dalle filippiche del celebrante che non aspetta che un occasione per infilare qualche chiacchiera. 
Credo che l’articolazione del Kyrie nel rito ordinario non è ancora efficace. Ma questo è comprensibile se si pensa allo stato generale del rito. Se il corpo è prostrato nel suo insieme, non ci si può sorprendere se le parti singole ne soffrono.
Aurelio Porfiri

 

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