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L’Arcivescovo metropolita di Palermo, monsignor Corrado Lorefice ha stabilito che mafiosi, massoni e condannati non possono essere accolti quali membri delle confraternite religiose”.

Ecco il testo integrale del decreto:

DECRETO DELL’ARCIVESCOVO SULL’APPARTENENZA ALLE CONFRATERNITE

PRESENTAZIONE

La Chiesa di Palermo apprezza e valorizza la realtà delle Confraternite e riconosce in esse una grande opportunità per alimentare la fede del popolo di Dio che si esprime nella pietà popolare, “frutto del Vangelo inculturato”, e pregna di una “sottesa forza attivamente evangelizzatrice” (così come ribadito ultimamente da Papa Francesco nella sua recente Visita Pastorale a Palermo e già  prima da San Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica post-sinodale Christefideles laici).

In questo particolare contesto storico la nostra Arcidiocesi – attraverso il Decreto dell’Arcivescovo che oggi viene pubblicato e del quale si riporta il testo – sente il dovere di intervenire per evitare di criminalizzare indiscriminatamente tutti i membri delle Confraternite e si affida ad alcuni strumenti di accertamento della legalità per esercitare il suo dovere di vigilanza e per tutelare dalle associazioni mafiose e criminali o dalle associazioni segrete, le realtà confraternali, cui è affidato il delicato compito di trasmettere non solo le autentiche tradizioni della nostra pietà popolare ma, ancor più, una testimonianza di vita coerente con il Vangelo di Cristo accolto e annunciato nella vivente Tradizione della Chiesa.

Le Confraternite laicali della nostra Arcidiocesi, sono sempre state oggetto di particolari cure pastorali da parte degli Eminentissimi Arcivescovi della Chiesa palermitana. L’istituzione del “Centro Diocesano per le Confraternite laicali”, voluto dal mio venerato predecessore, il Card. Salvatore Pappalardo, costituisce un evidente segno di quanto questa variegata espressione di vita ecclesiale, capillarmente diffusa in tutto il territorio diocesano, stia a cuore ai Pastori della nostra Chiesa Locale. La stima più volte mostrata anche da me è conferma di quanto, sulla scia di coloro che in questa sede episcopale mi hanno preceduto, anch’io intenda proseguire nell’opera di valorizzazione del mondo confraternale. Riconosco, infatti, in questo ricco patrimonio di fede ereditato dal passato, una realtà ecclesiale capace di costituire ancora oggi un valido contributo per la vita di fede di tanti uomini e donne delle nostre comunità e come espressione di una pietà popolare, ancora in grado di parlare al cuore dell’uomo contemporaneo.

Come sostiene Papa Francesco: «Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo. Piuttosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione» (EG 126).

Questa singolare e collaudata esperienza aggregativa di matrice ecclesiale si pone accanto ad altre forme associative, nate soprattutto dopo il Concilio Vaticano II e oggi assai diffuse, e ci restituisce la multiforme ricchezza dello Spirito Santo che sempre opera nella Chiesa.

S. Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica post-sinodale “Christifideles laici” sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, così si esprime: «In questi ultimi tempi il fenomeno dell’aggregarsi dei laici tra loro è venuto ad assumere caratteri di particolare varietà e vivacità. Se sempre nella storia della Chiesa l’aggregarsi dei fedeli ha rappresentato in qualche modo una linea costante, come testimoniano sino ad oggi le varie confraternite, i terzi ordini e i diversi sodalizi, esso ha però ricevuto uno speciale impulso nei tempi moderni, che hanno visto il nascere e il diffondersi di molteplici forme aggregative: associazioni, gruppi, comunità, movimenti. Possiamo parlare di una nuova stagione aggregativa dei fedeli laici. […] tanta è la ricchezza e la versatilità delle risorse che lo Spirito alimenta nel tessuto ecclesiale, e tanta è pure la capacità d’iniziativa e la generosità del nostro laicato”» (n. 29).

Ciò non toglie, tuttavia, che accanto ad esperienze positive e incoraggianti si collochino talora anche nella nostra amata Chiesa Palermitana imbarazzanti e inaccettabili tentativi di fare delle Confraternite centri di una pratica fintamente religiosa per puro esibizionismo e folklorismo, di esercizio di potere e, perfino, un alibi per persone di dubbia moralità sociale ed ecclesiale.

Il fenomeno, tutt’altro che trascurabile, esige attenta valutazione e severa vigilanza da parte dell’autorità ecclesiastica. È infatti intrinsecamente inconciliabile l’agire malavitoso – tanto più una militanza attiva tra i ranghi di società di stampo mafioso – e l’appartenenza ad una delle tante nostre Confraternite che perseguono i fini apostolici propri della Chiesa, ossia «rendere partecipi tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione, e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo» (Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 2). Una contraddizione più stridente non è dato poterla immaginare!

Nella Lettera “Convertitevi!” dei Vescovi di Sicilia, in occasione del venticinquesimo anniversario dell’accorato appello di S. Giovanni Paolo II, nella Valle dei Templi di Agrigento, il 9 Maggio 1993, i Presuli siciliani hanno riaffermato con forza l’inconciliabilità «di chi si affilia alle organizzazioni mafiose, pur continuando a farsi quotidianamente il segno della croce e a frequentare la messa domenicale, oltre che le processioni patronali e le riunioni confraternali, senza però avvertire in tutto ciò alcuna contraddizione». «[…] Il grido del Papa – continuano i Vescovi – smascherava e continua a smascherare un vero e proprio peccato, cioè un rifiuto gravemente reiterato nei confronti di Dio e degli esseri umani, che sono a sua immagine e somiglianza». E ancora: «Non possiamo rassegnarci a veder degenerare le varie forme di pietà popolare in espressioni di mero folklore, manovrabile in varie direzioni, anche da parte delle famiglie mafiose di quartiere, in quest’ultimo caso soprattutto per fini di visibilità e di legittimazione sociale. Non possiamo tollerare che le festività di Cristo Gesù, di Maria Madre sua e dei suoi santi degenerino in feste pseudo-religiose, in sagre profane, dove – nella cornice di subdole regie malavitose – all’autentico sentimento credente si sostituiscono l’interesse economico e l’ansia consumistica, e dove non si tributa più onore al Signore ma ai capi della mafia».

Ultimamente una parola di chiaro timbro evangelico ci è giunta da Papa Francesco, durante la visita pastorale alla nostra Chiesa di Palermo, il 15 Settembre 2018. Nell’omelia pronunciata al Foro Italico, in occasione del venticinquesimo anniversario del martirio del Beato Don Giuseppe Puglisi, il Santo Padre affermava: «Agli altri la vita si dà, agli altri la vita si dà, non si toglie. Non si può credere in Dio e odiare il fratello, togliere la vita con l’odio. […] Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. […] Convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo, cari fratelli e sorelle! Io dico a voi, mafiosi: se non fate questo, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte».

Pertanto, alla luce delle superiori considerazioni e dei documenti della Conferenza Episcopale Siciliana, in particolare: il n. 12 degli Orientamenti pastorali per le Chiese di Sicilia Nuova evangelizzazione e pastorale, del 3 aprile 1994; il n. 16 del Documento Finché non sorga come stella la sua giustizia, del 15 maggio 1996; il documento Amate la giustizia, voi che governate sulla terra, del 9 ottobre 2012,

DECRETO

che quanti nella nostra Arcidiocesi sono chiamati ad assumere responsabilità nelle Confraternite nella qualità di componenti del Consiglio Direttivo delle medesime o nella qualità di componenti del Consiglio del Centro Diocesano per le Confraternite, hanno l’obbligo di produrre, quale documentazione necessaria, il Certificato generale e il Certificato dei Carichi Pendenti del Casellario Giudiziale rilasciati in data non anteriore a tre mesi, quale documentazione essenziale ad attestare il loro indubbio percorso di testimonianza dei valori evangelici nella vita civile.

Si stabilisce, altresì, che, sempre a far data dal presente Decreto, quanti desiderano far parte di una Confraternita, oltre ai certificati già previsti dallo Statuto Diocesano e dagli Statuti delle singole Confraternite (Certificato di Battesimo e Cresima, di Matrimonio e Stato di Famiglia), dovranno esibire i certificati di cui al comma precedente.

Consapevoli che una “fedina penale pulita” non necessariamente è indice di “vita pulita”, si dà mandato ai Parroci e/o agli Assistenti Spirituali delle Confraternite di accompagnare sempre la richiesta di ammissione ad una Confraternita con una lettera che dia sufficienti garanzie circa la retta intenzione del richiedente e la serietà della sua vita, quale condizione essenziale e imprescindibile per l’ammissione nella Confraternita. Concluso il periodo di Noviziato, previsto per la formazione dei nuovi confrati, ai Parroci e/o agli Assistenti Spirituali delle Confraternite è fatto obbligo di rilasciare un attestato di idoneità del candidato che intenda emettere la “professione” di Confrate. Il resto, in foro interno, è affidato alla coscienza della persona che chiede l’ammissione alla Confraternita, tenuto presente quanto prescritto dallo Statuto Diocesano per le Confraternite.

Infine, con il presente Decreto, stabilisco che nello Statuto Diocesano per le Confraternite e negli Statuti delle Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo siano inserite le seguenti disposizioni: per le ammissioni, «Non possono essere accolti, quali membri della Confraternita, coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo; coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici – l’Iscrizione alle associazioni massoniche “rimane proibita” dalla Chiesa (Congregazione per la dottrina della Fede, Dichiarazione circa le associazioni massoniche, 26 novembre 1983; cfr. Inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria. Riflessioni ad un anno dalla Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, in L’Osservatore Romano, 23 febbraio 1985); – coloro che hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato»; altresì, per la dimissione, «Decade automaticamente dal ruolo di confrate chi si rende colpevole dei reati che sono ostativi all’ammissione». I confrati che siano interessati da provvedimenti cautelari restrittivi della libertà personale, decadono dalla loro condizione di confrate, fino all’accertamento giudiziario della loro condizione.

Il presente Decreto entra in vigore dalla data della sua Pubblicazione.

Palermo, dalla Sede Arcivescovile, 25.01.2019

Festa della Conversione di San Paolo Apostolo

Prot. N. 011/19

Corrado Lorefice

2 pensiero su “Il vescovo Lorefice: “No a mafiosi, massoni e condannati nelle Confraternite””

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