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ConfessioneSiamo nel pieno dell’anno giubilare e il Papa ha voluto e vuole sottolineare, in questo tempo, l’ importanza del sacramento della confessione, che spesso viene sottovalutato. La Fede Quotidiana ha intervistato, proprio in tema confessione, monsignor Gianfranco Girotti, reggente emerito della Penitenzieria Apostolica.

Eccellenza, ci suggerisca come fare una buona confessione…

La via è quella di sempre, non cambia. Bisogna prima di tutto ricordare che per ricevere degnamente la Santa Comunione, bisogna essere in grazia di Dio. Pertanto, è non solo giusto, ma anche necessario confessarsi prima di comunicarsi se si è nel peccato grave.  Per una confessione che meriti davvero questo nome e che non sia un simulacro, è bene che il penitente vi si accosti con animo contrito e con la ferma e radicale volontà di emendarsi  e  il proposito chiaro di non tornare a commettere le stesse manchevolezze,  dare segni di conversione e cambiamento. Poi voglio segnalare la necessità dell’ esame di coscienza che è fondamentale e non deve  essere  evitato. Alla fine della confessione, si  reciti l’atto di dolore e se non lo si ricorda o non lo si sa, si faccia un atto di contrizione.

Oggi spesso vediamo le confessioni faccia a faccia, lo trova giusto?

Non mi straccio le vesti, ma sarebbe preferibile la confessione con la gratina. Ricordo a me stesso, che la confessione è un sacramento e non una seduta di analisi. La gratina della confessione era e rimane in vigore, nessuno la ha abolita e a dirla tutta, è persino obbligatoria. Io la trovo preferibile perchè garantisce la segretezza, e tutela la privacy e dunque  offre al penitente maggior libertà di aprirsi senza vergognarsi.

Alcuni preti non indossano la stola viola…

Un male. Anche questa è necessaria ed obbligatoria. Certo, non metterla non è una tragedia, ma credo che nelle cose sacre i riti, i gesti e le forme siano da rispettare. Confessare senza stola è tollerato, ma non lo trovo decoroso, anzi è una mancanza.

Ultimamente, proprio a Bari, una confessione nella Basilica di San Nicola si è trasformata in polemica. Un penitente divorziato  e risposato civilmente ha lamentato che il confessore gli ha rifiutato il perdono e il teologo don Nicola Bux, intervistato da un quotidiano locale, ha detto che il confessore ha perfettamente ragione in quanto non è un notaio, lei che cosa ne pensa?

Verissimo, il confessore non è un notaio e non risponde al vero, anzi è falso, sostenere che  nella confessione si debba sempre assolvere. Penso proprio al divorziato risposato civilmente, qui l’ assoluzione non va data senza un preventivo, chiaro e palese atto di pentimento e  di cambio vita. La misericordia è centrale, ma non va dissociata dalla giustizia. In ultima analisi non è corretto dire che si debba sempre  assolvere, il perdono si merita, va ottenuto.

Unioni civili, condivide la legge Cirinnà?

La famiglia cristiana è solo quella composta da uomo e donna uniti nel sacramento del matrimonio con fine procreativo. Due omosessuali o lesbiche assieme non fanno famiglia nel senso cristiano del termine.  Quella legge, quella sulle unioni civili, va contro Dio”.

Bruno Volpe

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