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La teologa Giuliva Di Berardino* commenta (in versione testuale e audio) il Vangelo del giorno.

Ecco l’audio

Ecco il testo

Mc 8, 27-33

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: “Chi dice la gente che io sia?” Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti”. Ma egli replicò: “E voi chi dite che io sia?” Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: “Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

Il Vangelo di oggi ci presenta Pietro che, nonostante faccia una professione di fede lodevole, rivelata dallo Spirito Santo, non riesce ad accogliere la realtà della croce e della sofferenza nella vita di Gesù. Anche noi spesso siamo come Pietro: pensiamo che Dio possa governare il dolore e la morte secondo i nostri criteri, ma è proprio quando siamo messi a contatto con i nostri limiti, che scopriamo un altro lato della realtà, scopriamo che l’altro ci aiuta, che possiamo aiutarci. E’ come se oggi il Vangelo ci dicesse che è importante riconoscere Gesù come Figlio di Dio, ma che, oltre a professare la fede, come ha fatto Pietro, è necessario “pensare secondo Dio”, cioè non “limitare” a qualcosa d’umanamente concepibile e di “religiosamente corretto” la fede che professiamo. “Pensare secondo Dio” vuol dire non entrare nell’atteggiamento di “spogliamento di sè” che papa Francesco ci ricorda spesso. In un suo intervento a braccio fatto proprio nella Sala della Spoliazione di San Francesco del Vescovado di Assisi, il papa disse queste parole che ci lasciamo come meditazione di oggi: “Tanti dicono: Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano, senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? No. In questo modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma non saremmo cristiani davvero! Qualcuno dirà: “Ma di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?”. Deve spogliarsi oggi di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona nella Chiesa, tutti noi: il pericolo della mondanità. Quando nei media si parla della Chiesa, credono che la Chiesa siano i preti, le suore, i Vescovi, i Cardinali e il Papa. Ma la Chiesa siamo tutti noi. E tutti noi dobbiamo spogliarci di questa mondanità, che è lo spirito contrario allo spirito delle beatitudini, lo spirito contrario allo spirito di Gesù. La mondanità ci fa male. Tanti sono stati spogliati da questo mondo selvaggio, che non dà lavoro, che non aiuta; a cui non importa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo; non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare pane a casa; non importa che tanta gente debba fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà. Queste cose le fa lo spirito del mondo. La mondanità spirituale uccide! Uccide l’anima! Uccide le persone! Uccide la Chiesa! Quando Francesco, qui, ha fatto quel gesto di spogliarsi era un ragazzo giovane, non aveva forza per questo. E’ stata la forza di Dio che lo ha spinto a fare questo, la forza di Dio che voleva ricordarci quello che Gesù ci diceva sullo spirito del mondo, quello che Gesù ha pregato al Padre, perché il Padre ci salvasse dallo spirito del mondo. Oggi, qui, chiediamo la grazia per tutti i cristiani. Che il Signore dia a tutti noi il coraggio di spogliarci, ma non di 20 lire, spogliarci dello spirito del mondo, che è la lebbra, è il cancro della società! È il cancro della rivelazione di Dio! Lo spirito del mondo è il nemico di Gesù!” Buona giornata!

* Giuliva Di Berardino è insegnante di Religione Cattolica nella scuola pubblica. Laureata in Lettere Classiche a Roma, ha poi conseguito il Baccellierato in teologia presso la Pontificia Università Antonianum di Roma e la Licenza in teologia liturgica presso l’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova. Attualmente è dottoranda nello stesso Istituto. Consacrata nell’Ordo Virginum della diocesi di Verona, mette a servizio della Chiesa la sua esperienza nella danza biblica e nella preghiera giudaico-cristiana guidando laboratori di danza e preghiera, dedicandosi all’evangelizzazione di strada e all’accompagnamento dei giovani. In seguito ai diversi interventi sulla teologia del corpo e della danza e ai numerosi laboratori svolti in Italia e in Europa, di recente ha pubblicato il libro “Danzare la Misericordia”, ed. dell’Immacolata, in cui descrive una vera e propria spiritualità della danza di lode, a partire dalla Bibbia. E’ anche pedagogista del movimento e guida di esercizi spirituali per giovani, religiosi e laici. E’ autrice di un blog dal titolo “Teologia e danza, Liturgia e vita” in cui condivide ogni giorno la meditazione del Vangelo nella rubrica “La Parola danza la vita”.

 

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