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La Fede Quotidiana ha recentemente intervistato don Alfredo Morselli,

Don Morselli, Lei ha commentato negativamente l’ultimo documento dei Vescovi dell’Emilia Romagna, contenente le indicazioni per la recezione del cap. VIII di Amoris laetitia. Come mai?

Ricordo una frase del Cardinale Caffarra, che suona così: “Ai fedeli cattolici così confusi circa la dottrina della fede riguardo al matrimonio dico semplicemente: leggete e meditate il Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1601-1666. E quando sentite qualche discorso sul matrimonio, anche se fatto da sacerdoti, vescovi, cardinali, e verificate che non è conforme al Catechismo, non ascoltateli. Sono ciechi che conducono altri ciechi”[1].

Io non oso certo formulare accuse così pesanti, perché da semplice parroco forse non è lecito, ma la sostanza è che San Giovanni Paolo II ci diede il Catechismo della Chiesa Cattolica da portarci nell’arca in caso di diluvio (di errori), e a quello mi attengo.

E dove ci sarebbe contrasto con il Catechismo?

Nel tentativo di giustificare con un fine buono atti intrinsecamente cattivi, quali sono i rapporti adulterini, chiamati improvvidamente “coniugali”: vivere da fratello e sorella potrebbe mettere a rischio la nuova unione e quindi l’educazione dei figli: per salvare l’unione, qualche rapporto ogni tanto non guasta… non commento oltre perché non ce ne è bisogno… oltretutto un peccato è quanto di più divisivo ci possa essere. Pensare che un peccato rinsaldi un qualsiasi legame affettivo non sta né in cielo né in terra.

Oltre questa punto, c’è qualcos’altro che La infastidisce nel documento?

Direi mi addolora, più che infastidisce… mi addolora lo stato della Chiesa che assomiglia alla Gerusalemme descritta nelle Lamentazioni del profeta Geremia; dove, sempre come diceva Caffarra, solo un cieco potrebbe non vedere la confusione attuale; dove alcuni Vescovi dicono una cosa, altri l’opposto: è notizia di ieri che anche il Cardinale Eijk, Arcivescovo di Utrecht, ha chiesto al Papa un documento chiarificatore, affermando anche che “ciò che è vero in un posto non può essere contemporaneamente falso altrove”: il sito katholishe.de intitola l’articolo che contiene la richiesta: “Risposati: un Cardinale vuole chiarezza dal Papa”. Non lo dice solo un parroco di un piccolo paesino di montagna, quale è il sottoscritto.

Allora ci dica se c’è qualcos’altro che la addolora…

Ad esempio l’uso dell’espressione vocazione del corpo, proposta da alcuni commentatori della del pensiero di San Giovanni Paolo II sul significato della sessualità: potrebbe mai il corpo umano, anch’esso – nell’ambito del matrimonio sacramento – in qualche modo segno di cosa sacra, significare detta sacralità (cioè l’unione indissolubile e gratuitamente feconda delle Persone divine e l’unione di Cristo con la Chiesa) in un rapporto adulterino? Il documento da un lato propone un cammino educativo finalizzato al riconoscimento della vocazione del corpo, ma poi dichiara lecito il contrario.

A chi accusa quelli che la pensano come lei di mancanza di misericordia, cosa risponde?

Che noi ribadiamo le indicazioni di tanti Papi e di San Giovanni Paolo II, colui che ha introdotto la festa della Divina Misericordia, dando tanto slancio a questo culto: Ma mi dica, che bisogno di misericordia ha uno che dice: “Io non ho peccato perché non potevo fare altrimenti”? Potrà avere misericordia solo chi dice: “Signore, sono debole, ho peccato, aiutami ad uscire da questa condizione”. Dice il Salmo 32,5: “Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe» e tu hai rimesso la malizia del mio peccato”. Questo è il primo passo verso cui dobbiamo educare i nostri fratelli divorziati risposati…

Alcuni dicono che l’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti è solo un problema pastorale, che il dogma rimane invariato…

Rispondo sempre con le parole del Card. Caffarra. in occasione di un importante convegno svoltosi a Roma, nel novembre 2015[2]: rispondendo a una domanda circa la possibilità di ammettere alla ricezione dell’Eucarestia i divorziati civilmente risposati, affermò che ciò “non è possibile”: e questo perché “una tale ammissione vorrebbe dire cambiare la dottrina del matrimonio, della Eucarestia, della confessione, della Chiesa sulla sessualità umana e quinto, avrebbe una rilevanza pedagogica devastante, perché di fronte a una tale decisione, specialmente i giovani, potrebbero concludere legittimamente: – allora è proprio vero, non esiste un matrimonio indissolubile – ”[3].

Lei ha citato tante volte il Cardinale Caffarra; potrebbero risponderLe che è morto…

La verità non muore, e non posso cambiar fede ogni volta che cambia il mio Vescovo.

 

 

[1] «Santità, la prego risponda a queste tre domande su Amoris Laetitia», a c. di Maike Hickson, http://tinyurl.com/hhfqe3f.

[2] “Permanere nella verità di Cristo” – Convegno internazionale in vista del Sinodo sulla famiglia, Roma, 30 settembre 2015.

[3] È possibile vedere il video dell’intervista qui: https://youtu.be/iKRLWE96RCw.

2 pensiero su “Don Morselli contro i vescovi emiliani che dicono sì alla comunione ai divorziati”
  1. Applausi sentiti a don Alfredo Morselli!!
    Ci fossero tanti sacerdoti autentici e coraggiosi come lei!
    Oggi un prete che si esprime con tale chiarezza e determinazione rischia di essere emarginato e non può aspirare a cariche…
    Bravo bravo. Prego che altri lo seguano.

  2. “Eccellenza, non Le ho mai nascosto le mie perplessità nei confronti dell’Esortazione Amoris laetitia: perplessità condivise con autorevoli personalità della Chiesa, Cardinali e Vescovi, soprattutto con il Suo Predecessore”, esordisce don Morselli facendo riferimento al cardinal Carlo Caffarra, estensore nell’ultimissima parte della sua vita dei noti dubia, assieme ad altri tre cardinali. E di Caffarra sono le parole iniziali della lettera: “Solo un cieco può negare che nella Chiesa ci sia grande confusione”.

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