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La Fede Quotidiana propone nel video che segue l’intervento di Don Federico Bortoli durante la conferenza, tenuta sabato 5 ottobre 2019 a Roma, a due passi dal Vaticano, dal titolo “Ogni ginocchio si pieghi. La maestà e l’amore infinito della Santa Comunione”.

Attraverso l’iniziativa, organizzata dal Comitato internazionale laicale “Uniti con Gesù Eucaristia per le mani santissime di Maria”, sono state presentate alla stampa le 11 mila firme raccolte attraverso una petizione multilingue che chiede ai vertici della Chiesa Cattolica di permettere ai fedeli di trovare ancora gli inginocchiatoi nelle chiese, di estendere al mondo intero la modalità di distribuzione della Comunione eucaristica attuata in Vaticano per le Celebrazioni pontificie (vale a dire sulla lingua e in ginocchio) e, infine, l’introduzione del divieto della distribuzione della Santissima Eucaristia per i non consacrati.

https://www.youtube.com/watch?v=PBFtdnxK_rs

Il codice di diritto canonico indica il vescovo, il presbitero e il diacono come ministro ordinario della Santa comunione, mentre il ministro straordinario è l’accolito o un altro fedele incaricato a tale compito.
Qualora esista un’autentica necessità, può essere delegato anche un fedele laico che non sia accolito come ministro straordinario ad actum, ad tempus, o anche in modo stabile.

Trattandosi di un incarico suppletivo, il ministro straordinario può distribuire la Santa comunione solo ed esclusivamente nel caso in cui vi sia una reale necessità e non in maniera arbitraria ed indiscriminata.
Infatti, può intervenire “soltanto quando mancano il sacerdote o il diacono, quando il sacerdote è impedito da malattia, vecchiaia o altro serio motivo o quando il numero dei fedeli che accedono alla comunione è tanto grande che la celebrazione stessa da messa si protrarrebbe troppo a lungo. Tuttavia, ciò si ritenga nel senso che andrà considerata motivazione del tutto insufficiente un breve prolungamento, secondo le abitudini e la cultura del luogo”.
Quest’ultima precisazione si è resa necessaria a causa della tendenza, oramai generalizzata, dell’ “uso abituale dei ministri straordinari nelle Sante messe, estendendo il concetto di numerosa partecipazione”.

Effettivamente si è imposta la prassi di ricorrere abitualmente ai ministri straordinari, senza che vi sia una reale necessità.
Se in luoghi di missione, dov’è il sacerdote passa raramente per la celebrazione della Santa Messa, il ministro straordinario può risultare utile, dove è presente stabilmente il parroco, la sua utilità non traspare sempre così chiaramente. Anche per ciò che concerne la comunione agli infermi dovrebbe essere soprattutto una preoccupazione del parroco che, in quanto sacerdote, può anche attendere al Sacramento della confessione.

Molti parroci invitano caldamente i fedeli a rendersi disponibili per questo servizio,  presentandolo come un modo più perfetto di essere al servizio della parrocchia, forse di essere cristiani più impegnati, quasi come fosse il coronamento di un cammino spirituale, come una sorta di promozione e un modo per partecipare più attivamente alla liturgia. A questo punto è necessario fare delle riflessioni in proposito. Sappiamo bene che la Sacrosanctum Concilium ha insistito molto sulla partecipazione attiva alla liturgia. Ma, come giustamente osservava il cardinal Ratzinger, “purtroppo questa espressione è stata molto presto fraintesa e ridotta al suo significato esteriore, quello di un agire comune, quasi si trattasse di fare entrare concretamente in azione il numero maggiore di persone possibili”. È chiaro che, con un simile concetto di partecipazione, intervenire come ministro straordinario della comunione nella celebrazione della Santa Messa viene visto come un modo di partecipare più attivamente al culto divino.
In realtà il concetto di partecipazione è molto più profondo e non consiste nel fare più cose possibili, ma si esprime soprattutto in termini spirituali e soprannaturali.

Il concilio Vaticano II ha riservato una speciale attenzione alla vocazione alla missione dei fedeli laici, ricordando che “il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici” e che “per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio”.

Questo costituisce l’identità e la specificità dei fedeli laici, chiamati alla santità inserendosi nelle realtà temporali animandole di spirito Cristiano.
Quindi per il fedele laico l’essere e l’agire nel mondo non costituisce solo una realtà antropologica e sociologica, ma anche teologica ed ecclesiale. San Giovanni Paolo II, proprio in riferimento a questo, ha ricordato il pericolo di snaturare quella che è la missione specifica dei laici e “la tentazione di riservare un interesse così forte ai servizi e ai compiti ecclesiali, da aggiungere spesso ha un pratico disimpegno nelle loro specifiche responsabilità nel mondo professionale, sociale, economico, culturale e politico”.

Questi sono gli ambiti propri del fedele laico, nei quali realizzare la propria specifica vocazione, crescendo nella santità personale ed esercitando l’apostolato, che compete ad ogni battezzato. Invece, soprattutto in alcuni ambienti, in questi ultimi decenni, abbiamo assistito a una sorta di clericizzazione dei laici e a una secolarizzazione dei sacerdoti, che nella pratica ha portato a non distinguere in modo adeguato il sacerdozio ministeriale e quello comune e, di conseguenza, l’identità specifica dei fedeli ordinati e laici. Pertanto, incentivare il coinvolgimento dei fedeli laici nelle esercitare mansioni che sono proprie del sacerdote, nell’amministrazione dei sacramenti, a scapito dell’impegno nella società, a nostro avviso, non rispetta quella che è la missione e la vocazione propria dei laici, per l’appunto l’indole secolare. Per giustificare questa prassi spesso ci si appella alla diminuzione del numero dei ministri sacri, che senza dubbio è un dato oggettivo è sotto gli occhi di tutti, soprattutto in alcuni luoghi. Ma sembra quasi che, di fronte a questa situazione, ci sia un atteggiamento di rassegnazione, di accettazione passiva, come un qualcosa di inevitabile. ma è bene ricordare che il sacerdozio ministeriale è qualcosa di assolutamente insostituibile.

Perciò “se ne deduce immediatamente la necessità di una pastorale vocazionale che sia zelante, bene ordinate continua per dare alla chiesa i necessari i ministri, come pure la necessità di riservare un’accurata formazione a quanti, nei seminari, si preparano a ricevere il presbiterato. Ogni altra soluzione per far fronte ai problemi derivanti dalla carenza di sacri ministri non può risultare che precaria”.
Anzi, il coinvolgere giovani, che potrebbero avere la vocazione al sacerdozio, nel ministero dell’accolitato o nel servizio di ministro straordinario della comunione, puoi in qualche modo bloccarli od ostacolarli nell’eventuale cammino, per il fatto di sentirsi in qualche modo già realizzati con questa modalità di servizio ecclesiale.

Oltre a queste considerazioni, è opportuno riprendere quanto abbiamo visto facendo riferimento a due autorevoli testimonianze: San Tommaso d’Aquino e San Giovanni Paolo II. Quest’ultimo infatti, rifacendosi a quanto insegnato dal dottore angelico, osserva come i sacerdoti hanno una responsabilità primaria verso l’eucaristia, mettendo in stretta relazione tre azioni fondamentali nella celebrazione di questo mistero, ossia l’offerta del pane e del vino, la consacrazione la distribuzione delle Sacre specie, sottolineando, inoltre, come le mani del sacerdote, durante il rito dell’ordinazione, vengano consacrate con l’unzione del sacro crisma e proprio per questo motivo il toccare le Sacre specie e distribuirle è un privilegio degli ordinati.

Se per giustificare la comunione sotto le due specie si fa riferimento al fatto che si manifesta più chiaramente il segno, e quindi l’aspetto simbolico, a maggior ragione emerge questo aspetto nel ministro della comunione. Infatti ricevendo l’Eucarestia da chi offre i doni e li consacra, agendo nella persona di Cristo, si riceve il corpo di Cristo da Cristo stesso.

Da: Don Federico Bortoli, La distribuzione della Comunione sulla mano – Profili storici, giuridici e pastorali. Prefazione del Card. Robert Sarah (Cantagalli, pp. 352, euro 22), pp. 211-217.

Un pensiero su “Don Federico Bortoli: “Solo il sacerdote tocchi l’Eucaristia!””
  1. Grazie a DIO PADRE perchè ascolto una Catechsi che è un Argomento (Colonna Primanira della Nostra FEDE CRISTIANA CATTOLICA DI ROMA …) del quale CONDIVIDO ed ho da più 10 anni, dopo un paio di anni di Meditazione e Ricerche….. , iniziato, spinto dal bisogno e dall’Amore ( Indegnamente…) Verso il Mio e Nostro Signore GESU’ , a Ricevere La SANTISSIMA EUCARESTIA ….. in BOCCA e INGINOCCHIO …. anche se vi sono stati un paio di casi ove mi hanno fatto alzare non ho mollato in qualunque Chiesa ove Partecipo alla Celebbrazione Al Sud come al Nord d’Italia ho sempre RIcevuto La SANTISSIMA EUCARESTIA IN GINOCCHIO, MA da quando è iniziato la Pandemia la Chiesa ha dato delle direttive cambiando il modo di Donare e Ricevere La Santissima Eucarestia….( Non Condivido…..) difatti prima ero assiduo (alla Celebbrezione ) ogni Mattina tutti i giorni e Rivìcevevo IL SANTISSIMO SACRAMENTO EUCARISTICO, oggi non Partecipo più….. e non Ricevo L’EUCARESTIA perche’ non Voglio che mi venga data sullle Mani. Chiedo SCusa se Sono stato Lungo ….anche se avrei tante ….tante altre cose avre da dire. Le Chiedo Come posso fare…… Grazie

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