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Con il noto musicista, compositore , direttore e perchè no fine ed affermato intellettuale, Maestro Aurelio Porfiri, La Fede Quotidiana fa il punto sulla qualità della musica sacra e liturgica che  viene suonata nelle nostre chiese e francamente non ne esce un quadro confortante.

Maestro Porfiri,  che musica sacra e liturgica ascoltiamo nelle chiese del nostro Paese?

“Lei fa una distinzione tra musica sacra e musica liturgica, che è interessante dal punto di vista musicologico e che in effetti è stata oggetto di dibattito, ma che richiederebbe una lunga trattazione. Quindi non mi soffermerò su questa questione specifica. Questa domanda sembra fatta apposta per dare risposte molte nette. Cercherò di non andarci giù pesante.  La situazione, direi, risente di problemi che sono impliciti alla Chiesa Italiana, come quello di un fortissimo clericalismo e una influenza di mode ecclesiali che qui fanno fatica a morire per lasciare il posto ad un maggiore realismo veramente cattolico. Allo stato attuale, malgrado le fanfare di alcuni in favore dello status quo, basterebbe fare un esperimento e andare in 10 parrocchie campione in giro per l’Italia e valutare il livello e la cura che si da alla musica nella liturgica.  La situazione è difficile e quello che è ancora più doloroso, non si vede allo stato attuale una reale possibilità  di uscirne fuori perché, spesso, coloro che dovrebbero o potrebbero fare qualcosa, sono anche causa  del deterioramento della situazione. Io, stante la situazione attuale e il mantenimento degli attuali rapporti di forza in alcuni ruoli chiave, non ho speranze che si potrà effettivamente cambiare”.

Monsignor Vincenzo De  Gregorio, Preside del Pims, ha parlato di scarso livello dovuto prima di tutto ad  ignoranza musicale: condivide?

“Certo, quello è un fattore, non il solo. Come ho detto, solo da noi c’è un clericalismo così invadente. Credo che un fattore ancora più importante sia quello di una mancata presa di coscienza del laicato, che spesso si accontenta di vivere all’ombra del clero, pur se il clero, se parliamo di cultura musicale, oggi è senz’altro molto carente. Non si ha il coraggio di opporsi perché si ha una acquiescenza al clero che è retaggio di tempi passati, ma che è malriposta quando il clero non rappresenta la tradizione della Chiesa,  bensì le proprie idee, ambizioni, fisime. A me interessa il prete in quanto rappresentante dell’insegnamento autentico della Chiesa, non in quanto portatore di proprie  inclinazioni che ho il diritto di vagliare , di fare mie o di rifutare. Ecco, questa capacità di rifiutare ci manca. Si accetta tutto. Spesso la risposta non è quella di chi rifiuta e combatte, ma quella di chi diventa indifferente alla Chiesa e al suo insegnamento, la qual cosa è molto peggiore di un atteggiamento di opposizione critica”.

Possiamo collegare  questo ad un processo che deriva dal Vaticano II e dal suo spirito?

“Non direi, questa lettura è limitativa. I fermenti dei problemi attuali si possono cogliere molto prima del Concilio, in certe idee che circolavano nella Chiesa almeno dall’Illuminismo, si pensi al Sinodo di Pistoia condannato da Pio VI con la Bolla Auctorem Fidei. Lo “spirito del Concilio” certamente ha dato una decelerazione al processo già avviato da certe idee illuministiche in ambito ecclesiastico, la cui influenza si sente anche nel campo della musica liturgica. Il Concilio probabilmente non è la causa dei problemi, ma è stato per alcuni il grimaldello per far entrare  idee in certi ambiti e portare al deterioramento attuale. Il Concilio, rettamente interpretato, come ci ha insegnato Benedetto XVI, non è quello che ci porta alla rottura con la nostra tradizione.”

Nelle nostre chiese si suona musica di qualità?

“Dipende dai casi, per quello che vedo potrei dire di no. Ma qui sicuramente alcuni obbietterebbero sull’idea di qualità, introducendo un relativismo estetico per cui non esisterebbe un bello ideale, ma solo gusti personali. Ora, vero è che la bellezza può avere varie manifestazioni, ma così è per la bruttezza. Se noi non accettassimo che qualcosa può essere brutto, non di qualità, non avremmo un metro di paragone per definire altre cose belle. Quale è questo metro di paragone? Intanto ci sono dei criteri offerti dal San Pio X nel suo famoso Motu Proprio del 1903 che definisce buona musica sacra quella che possiede le seguenti qualità: santità, bontà di forme ed universalità. Inoltre, un occhio esperto può valutare l’eleganza di una composizione, quale che sia il suo stile, e la sciatteria o al faciloneria. Il problema non sono le quinte e le ottave parallele, come leggevo alcuni giorni fa su Facebook, ma è la ricerca dell’effetto facile e sentimentale nella musica liturgica, la scarsa eleganza della composizione, la ricerca smodata dell’orecchiabilità a scapito della profondità del pensiero musicale. L’orecchiabilità non è da disprezzare quando ci porta ad un pensiero musicale profondo che deriva anche da una ricerca formale  presente anche nel pezzo piccolo. Se tutto si riduce al cercare l’effetto melodico modello musica pop, non stiamo facendo musica liturgica, ma adescamento musicale”

Che cosa pensa dell’uso  di chitarra e batteria  nella messa?

“Che cosa penserebbe l’esercito se si volesse introdurre la chitarra e la batteria per accompagnare le proprie esercitazioni militari? O i monaci buddisti per accompagnare le loro orazioni al Tempio? Insomma, ogni contesto ha la sua regia sonora, come dicono molti tra gli innovatori. Certamente quel tipo di strumenti, usati prevalentemente in ambito di musica pop non sono adatti per elevare gli animi ad un’altra dimensione. Poi, non si parla qui della chitarra nel senso più nobile, ma della chitarra suonata nel 99% dei casi nel modo in cui si usa in campeggio o nelle feste tra amici. Ma se la Messa è “solo” una festa, non è più il Sacrificio l’elemento predominante, allora la chitarra suonata in quel modo ci sta bene. Ma questa non è più la Messa Cattolica, è qualcos’altro e a me non interessa.”

Spesso  nelle chiese in Italia ci sta l’organo, ma non viene usato, perchè?

“Perché non si vuole sostenere, anche economicamente, coloro che sarebbero in grado di usarlo. perché si preferisce far suonare preti e suore che “non costano nulla” (così mi è stato detto). Ci sono anche religiosi che naturalmente sanno suonare bene, ma spesso incontrano gli stessi problemi di opposizione alla musica di qualità. Perché la cultura del gratis scadente prevale su quella della qualità che ha un costo. Ma l’idea di fondo è una svalutazione della Messa, per cui non si ritiene necessario offrire il meglio di quello che abbiamo. Se io vengo a pranzo da Lei so che lei mi farebbe avere il meglio di quello che la sua casa può offire. Ma nella casa del Signore quello che offriamo sono solo sottoprodotti, sottomarche, offerte speciali, fast food. Tutto cibo scadente che solletica i nostri istinti più bassi mentre allo stesso tempo offende la maestà di Dio”

Bruno Volpe

3 pensiero su “Aurelio Porfiri: “No a chitarra e batteria durante la messa””
  1. Caro Direttore,
    La ringrazio per questa testimonianza che approvo completamente.
    Complementi anche ad Aurelio Porfiri ed a Bruno Volpe.
    Complimenti e tanti sinceri auguri per il suo avoro !
    GianniRugginenti

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