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Papa Leone XIII (1878 – 1903) scriveva nell’enciclica Immortale Dei che le ideologie anticristiane non avrebbero potuto scalfire con le loro menzogne l’importanza e la grandiosità di un periodo in cui la filosofia del Vangelo governava le società. Al di là delle produzioni culturali mistificatrici, la civiltà cristiana sarebbe stata attestata da migliaia di imperituri monumenti storici che avrebbero raffigurato plasticamente la sapiente sintesi tra la fede e la ragione e la collaborazione tra la Chiesa e il potere temporale. La nostra Europa è traboccante di queste testimonianze.

È giusto, dunque, essere dispiaciuti e anche piangere davanti all’incendio della Cattedrale di Notre-Dame di Parigi, uno di quei monumenti sacri che non semplicemente simboleggiava la Francia cattolica, ma che era un simbolo di quel cuore cristiano dell’Europa e di quella cristianità tanto vituperata col termine Medioevo. Dalla sera del 15 Aprile 2019, lunedì della Settimana Santa, l’Europa è più povera di bellezza e di spiritualità, che stupendamente svettavano armoniose nel centro parigino.

Quel luogo sacro vide la dissacrazione da parte dei rivoluzionari francesi quando il 10 Novembre 1793, festeggiando la Libertà, intronizzarono proprio nella Cattedrale parigina, dedicata alla Madre di Dio, la dea Ragione nelle fattezze di una cantante lirica parigina. Oggi vede a causa di un incendio la sua distruzione, seppur parziale. Dall’illuminismo al nichilismo del nostro tempo sembra proprio che Notre-Dame sia diventata un simbolo del declino e del disfacimento dell’Europa cristiana.

Non si vuole minimamente assumere un atteggiamento apocalittico o pseudo-misticheggiante, ma tutto ciò che accade nella storia è bene che acquisti un senso. Speriamo che ci siano le condizioni di una ricostruzione dell’edificio e anche che, chi ne ha competenza, metta mano vigorosamente al rifacimento, quale reazione ad un tremendo incidente. Tuttavia, sappiamo benissimo che affinché risorga un tipo di civiltà, simile nei fondamenti a quella che ha edificato Notre-Dame, occorre che riappaia l’uomo europeo. Quell’uomo che seppe fare sintesi tra la filosofia greca, il diritto romano e le varie tradizioni provenienti dalle popolazioni barbariche, trovando nel cristianesimo un comune denominatore.

Se la commozione per la distruzione della Cattedrale di Notre-Dame non diventa serio impegno a riflettere sulle radici culturali e spirituali europee e su cosa è andato storto in un processo secolare che ha prodotto in ultimo il nichilismo del nostro tempo, allora vuol dire che gli avvenimenti non ci interrogano e tutto può tornare a scorrere anonimamente.

Ancora una volta vogliamo pensare che non è l’Europa che finisce, ma che davanti ad un mondo che muore – a causa degli incendi ideologici – possa rinascere un nuovo mondo che sia ben consapevole della propria storia e delle proprie radici. Solo da esse si possono trarre i fondamenti per la ricostruzione di una civiltà che riconosce di doversi inginocchiare solo davanti al suo Salvatore e alla sua Madre – esattamente come hanno fatto i giovani francesi col rosario tra le mani nella notte del disastro – per poter raggiungere le alte vette di intelligenza ed operosità, che potranno produrre anche edifici pari o superiori alla stessa indimenticabile Notre-Dame di Parigi.

Daniele Fazio

Martedì, 16 aprile 2019

 

 

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