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La Fede Quotidiana ospita il breve commento del giovane teologo Matteo Orlando* alle liturgie (Liturgia delle Ore e Liturgia della Parola) di oggi, 20 Febbraio 2018.

La Quaresima è tempo di preghiera. Nella liturgia di martedì della I settimana la Chiesa vuole subito mostrarci la preghiera che deve essere il nostro modello: quella che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli, il “Padre Nostro” (Mt 6,7-15).

La Chiesa, segno della presenza orante del Cristo nel mondo, invita alla preghiera liturgica e alla preghiera personale, aiuta – specialmente attraverso le famiglie cristiane – l’umanità ad adorare Dio in spirito e verità e conduce al senso religioso della vita.

Chi sperimenta la preghiera vive la sublimazione del pensiero e del sentimento, dialoga con Dio autore e ispiratore di ogni cosa. Anche le varie forme della pietà popolare permettono di dare gloria a Dio.

Nella seconda lettura dell’Ufficio delle letture il santo vescovo e martire Cipriano spiega che Nostro Signore Gesù Cristo «fra gli altri salutari suoi ammonimenti e divini precetti, con i quali venne in aiuto al suo popolo per la salvezza, diede anche la norma della preghiera, ci suggerì e insegnò quel che dovevamo domandare. Colui che ha dato la vita, ha insegnato anche a pregare, con la stessa benevolenza con la quale s’è degnato di dare e fornire tutto il resto; e ciò perché parlando noi al Padre con la supplica e l’orazione che il Figlio insegnò, fossimo più facilmente ascoltati. Aveva già predetto che sarebbe venuta l’ora in cui i veri adoratori avrebbero adorato il Padre in spirito e verità, ed egli adempì la promessa perché noi, ricevendo dalla sua santificazione lo spirito e la verità, adorassimo veramente e spiritualmente in grazia del suo dono».

Quale orazione – si chiede Cipriano – può essere più spirituale di quella che ci è stata data da Cristo, dal quale ci è stato mandato anche lo Spirito Santo? «Quale preghiera al Padre può essere più vera di quella che è stata proferita dalla bocca del Figlio, che è verità? Pregare diversamente da quello che egli ci ha insegnato non sarebbe soltanto ignoranza ma anche colpa […Il Padre Nostro] è preghiera amica e familiare pregare Dio con le sue parole, far salire ai suoi orecchi la preghiera di Cristo. Riconosca il Padre le parole del Figlio suo quando preghiamo; egli che abita dentro il nostro cuore, sia anche nella nostra voce. E poiché è nostro avvocato presso il Padre, usiamo le parole del nostro avvocato, quando, come peccatori, supplichiamo per i nostri peccati. Se egli ha detto che qualunque cosa chiederemo al Padre nel suo nome ci sarà data, impetreremo più efficacemente quel che domandiamo in nome di Cristo, se lo domanderemo con la sua preghiera».

Come hanno fatto i beati (cinque martiri di Tiro, Amata De Corano da Assisi, Pietro Da Treja, Giulia Rodzinska) e i santi (martiri Zenobio, Serapione, Eleuterio di Costantinopoli, Tirannione, i vescovi Leone di Catania, Eleuterio di Tournai, Eucherio di Orleans, l’eremita di Haselbury Ulrico e una dei veggenti delle apparizioni mariane di Fatima, tra il maggio e l’ottobre 1917, Giacinta Marto) che la Chiesa ricorda oggi, 20 Febbraio 2018.

*Matteo Orlando, laurea in Giurisprudenza e Licenza in Teologia Spirituale, è giornalista pubblicista e autore dei volumi Faithbook: La fede cattolica nel tempo dei conigli e Sotto attacco: La scure di revisionisti e censori sui beati e i santi.

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